Mente libera in Corpo libero

La fase storica denominata “modernità” è terminata coi suoi tristi epiloghi: le due guerre mondiali, coi lager, i gulag, tutti concetti legati all’ideologia della massima efficienza, del massimo sviluppo, della produzione, che aveva guidato la modernità fin dalla sua nascita, che si può far risalire allo sviluppo industriale di fine ‘700. Fase storica, quella moderna, che ha visto la nascita di un concetto che si è espanso ai vari campi della produzione sociale, culturale e industriale: quello di “massa”. Ma attualmente questa fase si è conclusa, e l’unica definizione adattabile alla nuova situazione ed adottata dalla maggioranza di studiosi è “post-modernità”.
Come se un prefisso potesse rendere ragione di cambiamenti sociali e culturali di portata globale. Ed ecco un altro termine assai in voga negli ultimi tempi: “globale”, o “globalizzazione”. Ma quale semantica, in realtà, si celi sotto questa classificazione, non è chiaro. Ed ancora meno sono concordi i pareri di esperti che di ciò hanno fatto il loro campo di studi e di cui danno ognuno un’interpretazione differente. I segni distintivi di questo fenomeno pare siano: il crollo di tutti i confini (a partire da quelli fisici, come, ad esempio, il muro di Berlino); l’interazione interpersonale sempre più veloce, concisa, senza contatto fisico; l’estraniamento dell’individuo dalla società (cavallo di battaglia della modernità); l’isolamento individuale, sociale e spaziale; la necessità di trovare luoghi alternativi di ritrovo e di socializzazione (esistenti e non) per far fronte ad un crescente livellamento culturale. Ora, non tutto è bene, e non tutto è male. Il concetto di “confine” può essere sia inteso come fattore di protezione, ma anche come elemento di reclusione. Al contrario della società massificata, pare si stia tentando di raggiungere lo stadio di una società mondiale, in cui l’individuo perde ogni caratterizzazione legata al luogo di appartenenza a favore di un poco specificato cosmopolitismo (concetto molto antico). Pare che tale perdita di appartenenza non sia accettata, ma subita dall’individuo che si sente sempre più isolato in uno spazio talmente enorme e talmente privo di confini che si fa fatica a concepire.
Ed entrano in gioco le sempre più nuove ed innovative tecnologie. Ad iniziare, la televisione, il computer, le antenne paraboliche, i satelliti, i cellulari, i lettori cd, ecc… L’individuo trova in esse una sorta di ancora di salvezza. In un mondo dove non si ritrova più, fa riferimento ai nuovi ritrovati tecnologici per ottenere il soddisfacimento delle sue esigenze comunicative. Nascono quindi sms, mms, internet, chat, forum, blog e affini. Tramite questi espedienti si viene a creare una vera e propria rete virtuale di persone che comunicano a distanza, senza necessità di compresenza fisica. In molti si sono domandati se tale forma di interazione possa considerarsi comunicazione a tutti gli effetti. Lo schema comunicativo si può riassumere così: messaggio ricezione messaggio
EMITTENTE ---> INPUT ---> TRASMITTENTE ---> CANALE ---> CODIFICAZIONE ---> CANALE ---> RICETTORE ---> DECODIFICAZIONE ---> OUTPUT ---> RICEVENTE ---> FEEDBACK
Sorge il dubbio se in mancanza di feedback si possa ancora parlare di evento comunicativo (ad esempio il feedback è assente nella comunicazione televisiva). Se si negasse il carattere comunicativo ad interazioni prive di feedback, si dovrebbe accettare l’idea dell’esistenza di un utente del tutto passivo, incapace di manifestare il proprio punto di vista, le proprie impressioni, a cui è negato esprimere un parere. Da qui sorge la preoccupazione per un pubblico ormai succube di un mezzo tecnologico, incapace, perché non più abituato a farlo, di pensare liberamente (nelle visioni più pessimiste). E viene da chiedersi perché l’individuo odierno ricerchi questa forma di comunicazione a senso unico. Come se questi mezzi forniscano una sorta di anestetico diversivo. Nelle visioni più pessimiste, l’uomo è visto solo seduto di fronte ad uno schermo. Ma c’è schermo e schermo.
Ed ultimamente, sulla spinta del crescente interesse delle persone nei riguardi di chat, forum e delle varie forme interattive fornite dal web, anche i mezzi di comunicazione più comuni hanno iniziato ad offrire servizi per un’utenza più attiva, valendosi degli ultimi ritrovati tecnologici (basti pensare ai servizi del satellitare terrestre, alle video-chiamate dei cellulari, ai vari casi di telefoto delle trasmissioni televisive, ai telefoni fissi con video per vedere la persona che si sta chiamando, alla web cam). Lo schermo è quindi barriera o punto di contatto? Dipende. Dipende dall’uso che se ne fa. Soprattutto tenendo presente che, soprattutto in internet, i confini sono quanto mai assenti. La mole di informazioni circola “liberamente” (o così dovrebbe essere), ed i rischi di cattiva interpretazione o di cattivo uso ci sono. Tuttavia, è auspicabile che in un futuro non troppo lontano, vi sia una liberazione dell’informazione, effettuabile nell’unico luogo neutralizzabile da influenze politiche ed interessi economici: la rete. Il non-luogo nella post-modernità offre una concreta possibilità di libertà. L’individuo cosmopolita non solo si trova all’improvviso a dover socializzare in un luogo non esistente, immaginario, ma tramite i processi in atto entra in contatto nella sua quotidianità con realtà a lui prima estranee e sconosciute. Mentre prima queste erano tenute a distanza dai vari confini reali od immaginari (ideologici), ora sono a diretto contatto tra di loro.
Quindi, nasce anche la paura dell’altro, del non sapersi difendere da qualcosa che non si conosce e che viene automaticamente percepito come minaccioso. Si creano così nuovi confini personali, sociali, differenti da quelli del passato. Non è più l’ideologia a fare da spartiacque, non è più l’appartenenza ad una classe politica, ma è l’esteriore, i gusti. Mai quanto nella nostra epoca si fa attenzione all’aspetto estetico, lasciapassare per essere accettati, in un mondo che non offre più garanzie in tal senso. Ovviamente ciò conduce anche ad esagerazioni, modificazioni, cambiamenti artificiali. La chirurgia estetica cambia l’aspetto delle persone. Il corpo cambia la sua funzione: da mezzo di esistenza a mezzo di socializzazione. I corpi vengono ad assumere quindi un’importanza primaria, superiore a quella della personalità. E sempre più i corpi tendono a divenire tutti uguali, si scelgono dei modelli a cui rifarsi, perché si assegna a tali modelli un valore. Perché viene imposto a quei modelli un valore. Ed ha inizio così l’omologazione dei costumi, dello stile di vita, dei pensieri. Ma globalizzazione non è sinonimo di omologazione. Se i gusti estetici e culturali si sono livellati (ne sono un esempio i best-seller), l’arte e la cultura rivendicano la propria funzione ed importanza.
Nascono così filosofie che esaltano la compresenza di diverse forme sociali e culturali. Contro l’appiattimento dei valori, sorge l’esigenza di valorizzare ogni singolo individuo, proprio perché portatore di istanze personali. Filosofie che esaltano le nuove tecnologie come fonte di miglioramento per l’uomo, contro coloro che per motivi economici tendono a monopolizzarne l’uso e la percezione a favore di un consumo passivo e pilotato. Le nuove tecnologie informatiche proprio per la loro caratteristica di fornire l’opportunità di stabilire interazioni non fisiche, ma mediate, escludono l’aspetto dell’esteriorità dalla comunicazione, favorendo un possibile scambio d’idee senza l’ostacolo del corpo-fattore sociale. Viene offerta una nuova forma di socializzazione, forse più impersonale delle classiche a cui siamo abituati, ma più aperta, perché avviene in una società non reale, ma virtuale.
Rimane ovvio, comunque, che questo non sia sufficiente. Ma può essere un buon inizio per superare quegli ostacoli che ancora frenano lo scambio diretto, e che fanno nascere le categorie outsider, i non accettati, i diversi, da cui doversi difendere. Siamo di fronte ad una nuova sfida: accettare il progresso a cui stiamo andando incontro con spirito critico e tenendo presente le radici che ci hanno condotto fin dove siamo arrivati e dove arriveremo. In un momento in cui si fa necessaria una sinergia tra culture, tra idee e persone, è necessario un incontro tra cultura tradizionale e nuove forme culturali. Per capire i processi in cui si vive. Per capire i fini dei movimenti che ci guidano verso il futuro. Senza preconcetti, senza giudizi di valore. Ormai è possibile una libertà di vedute, una panoramica generale. E grazie a questa combattere quell’istanza di livellamento sociale e culturale che tanto spaventa. Si può dire di no a ciò che logiche di mercato impongono. Si può sfruttare la tecnologia, senza divenirne schiavi.

Valentina


Accademia Kremmerziana Patavina