Lentezza

La lentezza è cosa divina. Noi ne abbiamo persa l'abitudine. Lentezza, regolarità, armonia dei movimenti e subito la coscienza si dispone, il corpo comincia a gioire della minima cosa, l'attenzione è vigile. Noi percepiamo la piena freschezza del mondo e comunichiamo, apriamo i nostri sensi alla pienezza. La coscienza è l'apprendimento del rapporto completo dei nostri legami con l'universo, partendo dagli elementi di base e arrivando fino ai più sottili. È indispensabile palpare la realtà del mondo nella sua interezza, senza questo ogni ricerca spirituale è illusoria: essere integralmente presenti a ogni cosa che attraversa la coscienza, dalla più banale e ripetitiva delle nostre esperienze, è la porta del risveglio.
Questa foresta nella quale camminiamo è l'assoluto. Non vi è nessuna frontiera tra i fenomeni e l'assoluto, si compenetrano perfettamente. Coloro che ignorano questo cercano l'assoluto allontanandosi dal fenomenico, si impongono ogni sorta di austerità: temono la realtà e cessano di giocare con la vita, per subirla come un castigo. Così la loro coscienza appassisce come un fiore strappato dalle radici. Ma nessuno è privo delle più nere pulsioni e delle capacità più sublimi, e noi cominciamo a risvegliarci quando accettiamo completamente lo spettro dei nostri pensieri e delle nostre emozioni. Ogni bellezza ha la sua parte d'ombra: cercando di toglierla ci inaridiamo. Quando in tutte le cose non si vede che una sola e unica energia, la coscienza non può più smarrirsi e si arricchisce della globalità dell'esperienza, non più di fantasmi di purezza, di realizzazione spirituale, di forza o di grandezza che sono inconsistenti.

tratto da: Tantra, Daniel Odier, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1997