Immaginazione e Fantasticheria

L’IMMAGINAZIONE

Brani scelti

I seguenti brani sono stati scelti, perché presentano stimoli non solo per approfondimenti e studio, ma soprattutto perché in essi si trovano numerosi spunti di pratiche da eseguire. FDA.

Da  Giuliano Kremmerz - La Scienza dei Magi – Ed. Mediterranee.

III Vol. – p. 61-63 – Nella magia creatrice l'immaginazione delle cose, ben definita, pittorica, miniata, cesellata nei più fini e definiti particolari, è volontà in atto, è creazione. Questo potere immaginativo è una tendenza ad esercitare questa perfetta forma realizzante della volontà. Tutta l’attività interiore volitiva consiste nella plastica immaginativa dell’uomo.
Immaginate bene e vi avvierete alla creazione di una volontà onnipotente.
Immaginare bene vuol dire concepire l’idea della cosa da creare o da modificare nella sua visione reale, nell’astrale, cioè nel campo interiore senza luce, dove risiede quell’utero inafferrabile della creazione umana.
Tutto ciò che si crea in astrale è realizzato in atto.
Le cose magistralmente pensate sono fatti veri, perché diventano reali.
Fissare l’immagine, riprodurre mentalmente, nella camera oscura del nostro corpo umano, la cosa vista e ritratta è una necessità dell’operatore ermetico, perché è una metà dell’alfabeto che dovrà scrivere in noi l’atto volitivo. Jubeo, comando. Il mago imperat.
Comanda ai diavoli e impera sulle forme, con un libro a triplo sigillo salomonico, che l’ermetista integrato sfoglia nel suo interiore in immagini che può perfino proiettare per rendere sensibili e reali.
III Vol. – p. 64 – I discepoli che hanno l’animo purificato da ogni immondizia di odio, di avidità, di concupiscenza, di violenza, di prevalere, nella serenità superiore a tutte le miserie volgari, riescono perfettamente ad addestrarsi nella figurazione immaginativa. Questa è purità magica o ermetica.
III Vol. – p. 596 – Immaginazione, italiano, viene dal latino “imago” che, analizzata, si divide in i-mago aut in-mago; e vuole indicare una potestà della mente di determinare nell’astrale una concezione, tal quale come fa il mago (sicut ut in-mago) per ottenere una realizzazione in pratica.
III Vol. – p. 208 e seg. – Il punto cui deve mirare una catena magnetica, ovvero la forza che questa sviluppa, è l'esatta formazione dell’immagine della persona malata o della parte malata, considerata in se stessa come cosa completa. La immagine vitale rappresenta il primo scalino della magia.
L’idea non diventa plastica che in nature eccezionali, ma con l’esercizio tutti possono delineare una immagine nel buio mentale, delineandone i contorni col chiudere gli occhi. Occorre per questo uno sforzo di volontà e si diventa così mentalmente degli scultori.
In catena l’operazione riesce meglio, ed è il più sensibile che guarda dapprima l’oggetto nei suoi contorni, poi se lo presenta alla mente. Quando in lui l’immagine comincia a delinearsi, questa si estenderà alle menti di tutti i riuniti in catena che penseranno allo stesso oggetto.
Non è possibile dirigere la corrente magnetica che si sviluppa da una catena senza la precisione di una immagine mentale. Dagli oggetti materiali si passa poi a parti del corpo umano, poi all’individuo che si presenta a noi o manda a chiedere aiuto, il quale diventa così come un oggetto concreto nelle linee che lo conformano. Poi si passa alla personificazione figurata delle idee assolute o forze che agitano gli uomini: passionalità, paura, amore, devozione, orgoglio, ecc..
Per intenderci: le forze sono nell’uomo ma anche al di fuori dell’uomo. Le prime sono individualizzate, le seconde sono universali. Nell’uomo la individuazione è facile perché ogni uomo per sé rappresenta un piccolo universo.
III Vol. – p. 251 – La magia non ha bisogno di plasticità materiale, si vede con la mente. Senza la rappresentazione cerebrale di immagini, non se ne fa nulla.

Da Elifas Levi – Il Dogma dell’Alta Magia – Ed. Atanor.

p. 28–29  – L’intelligenza e la volontà dell’uomo sono strumenti d’una portata e d’una forza incalcolabili. Ma l’intelligenza e la volontà hanno, per alleato e strumento, una facoltà troppo poco conosciuta e la cui potenza appartiene alla magia esclusivamente; intendo parlare dell’immaginazione che i cabalisti chiamano “il diafano” o “il traslucido”. L’immaginazione è infatti l’occhio dell’anima, e in essa si disegnano e si conservano le forme, per essa percepiamo i riflessi del mondo invisibile, essa è lo specchio delle visioni e l’apparato della vita magica, per essa possiamo guarire le malattie […] giacché essa esalta la volontà e le dà presa sull’agente universale.
L’immaginazione determina la forma del bambino nel seno della madre e fissa i destini degli uomini […]. 
L’immaginazione è strumento dell’adattamento del Verbo.
L’immaginazione applicata alla ragione è il genio.
p. 51 – Ciò che chiamiamo immaginazione non è altro che la facoltà inerente alla nostra anima di assimilare le immagini e i riflessi contenuti nella luce vivente che è poi il grande agente magnetico. Tali immagini e riflessi sono rivelazioni quando la scienza interviene per rivelarcene il corpo o la sorgente luminosa.
L’uomo di genio differisce dal visionario e dal pazzo in quanto soltanto le sue creazioni sono analoghe alla verità mentre quelle del visionario e del pazzo sono solo riflessi perduti ed immagini smarrite.
Per il saggio immaginare è vedere, come per il mago parlare è creare.
Si possono dunque vedere in realtà e in verità i demoni, le anime per mezzo dell’immaginazione; ma l’immaginazione dell’adepto è diafana mentre quella del profano è opaca; la luce della verità traspare dall’una come da un lucidissimo cristallo, mentre attraversa l’altra come fosse una massa vitrea piena di scorie e di impurità.
Ciò che maggiormente influisce sugli errori del volgo e sulle stravaganze della follia sono i riflessi di immaginazioni depravate che fra loro si incontrano. Il veggente invece sa di scienza certa che le cose da lui immaginate sono realtà, e l’esperienza conferma sempre le sue visioni. […] La visione è un'impressione prodotta dalla rifrazione di un raggio di verità mentre il sogno è un’allucinazione occasionata da un riflesso. […] Discernere il raggio diretto e separarlo dal riflesso è l’opera dell’iniziato.
p. 58 – La luce umana è fatale solo per l’ignorante che fa dei tentativi a caso, mentre presso il veggente è subordinata all’intelligenza, sottomessa all’immaginazione e dipendente dalla volontà.
p. 65 – Un pensiero si realizza divenendo parola; si realizza poi coi segni, coi suoni e con le figure dei segni: questo è il primo grado della realizzazione. Poi si imprime nella luce astrale per mezzo dei segni della scrittura o della parola, influenza altri spiriti riflettendosi su di essi, si rifrange attraverso l’immaginazione di altri uomini, vi prende forme e proporzioni nuove, si traduce in atti e modifica la società e il mondo. Questo è l’ultimo grado della realizzazione. Gli uomini che nascono in un mondo modificato da un’idea, ne portano seco l’impronta, ed è così che il Verbo si è fatto carne.
p. 99 – Noi agiamo con l’immaginazione sulla immaginazione degli altri, col nostro corpo siderale sul loro, coi nostri organi sui loro organi, di maniera che, per la simpatia sia di attrazione che di ossessione, ci possediamo gli uni e gli altri e ci identifichiamo con quelli su cui vogliamo agire.

Da Elifas Levi – Il Rituale dell’Alta Magia – Ed. Atanor.

p. 35 – [Nei riti] tutte queste immagini, tutti questi atti analoghi alle figure, tutte queste disposizioni di numeri e di caratteri non sono, come già si è detto, che strumenti di educazione per la volontà di cui fissano  e determinano le abitudini. Servono inoltre a riunire insieme nell’azione tutte le potenze dell’anima umana e aumentano la forza creatrice dell’immaginazione. È la ginnastica del pensiero, che si esercita nella realizzazione; l’effetto dunque di simili pratiche è quasi infallibile come la natura, allorché siano fatte con assoluta confidenza e con inflessibile perseveranza. […] Una pratica, sia pure superstiziosa, sia pure insensata, diventa efficace perché è una realizzazione della volontà.

Da Gabriele La Porta - Introduzione al testo Giordano Bruno – De Umbris Idearum – Ombre delle Idee – Ed. Atanor.

La tecnica della Memoria utilizzata da Giordano Bruno si rifaceva alle basi della Memoria Classica e si basava sulla capacità immaginativa.
p. 29 e succ. – Noi oggi siamo abituati a memorizzare dividendo per specie e generi, per analisi, per similitudini concettuali, grammaticali e sintattiche. Siamo così abituati ad operare questo tipo di tecnica che non poniamo mai a mente a come l’antichità sino ad epoca moderna (circa il 1600) abbia fatto uso di un’altra tecnica di memoria, completamente diversa, molto più completa, di più difficile apprensione, ma dai risultati molto maggiori. La tecnica adoperata da Giordano Bruno discendeva da Pietro Ramo ed appunto si è definitivamente affermata nel mondo occidentale solo a partire dal 1600 in poi, l’altra non è databile, è presente da sempre nel mondo antico. Per noi uomini moderni è di difficile comprensione, perché consiste nel potenziamento delle immagini.
Ovvero partiva dalla convinzione che la memoria visiva è più forte di quella concettuale.
Consisteva cioè nel potenziare le facoltà immaginative di coloro i quali cominciavano ad apprenderla. Lo studente doveva cominciare ad imprimersi nella memoria immagini familiari (ad es. la sua stanza da letto) fin nei più minuti particolari, poi passava a quelle di luoghi meno noti, all’esterno, come intere piazze e facciate di cattedrali. […] Una volta che lo studente avesse fatta propria questa facoltà passava ad immaginare scene NON REALI, ma inventate, ricche di particolari e soprattutto avvincenti, che colpissero la fantasia. […] La domanda che sorge spontanea al lettore immagino sia a questo punto: “Perché tutto questo?” Ma proprio per abituare a “vedere”, anche quando si trattava di ricordare solo parole. Ogni parola di un concetto da mandare a mente veniva IMMAGAZZINATA in una parte dell’immagine che si era preparata. Ogni parola, o concetto, doveva essere POSTO in una immagine, così che quando si VEDEVA MENTALMENTE una figura automaticamente tornavano alla memoria le parole e concetti che si erano collocati all’interno di quella immagine visiva nota, che si era già predisposta. Sembra effettivamente un lavoro molto laborioso, ma lo è ora per noi che non siamo abituati più ad adoperare questa mnemotecnica, ma per “gli antichi” era facilissimo. Come VEDEVANO nella mente le immagini così automaticamente rammentavano quei discorsi che avevano posto all’interno di quelle figure. Era un processo di evocazione visivo e concettuale perfettamente unico. Chi aveva potenziato maggiormente la memoria visiva aveva anche potenziata quella concettuale.
Giordano Bruno creò nel De Umbris Idearum una serie di immagini portentose, ricche, che si imprimono facilmente nella mente.
Eppure l’intento non era solo questo. Giordano Bruno non mirava solo alla costituzione di un uomo sapientissimo, ma di un vero e proprio RICREATORE DEL MONDO, di un uomo mago.
Mi spiego.
Marsilio Ficino e Pico della Mirandola credevano – come tutti coloro i quali seguivano la tradizione ermetica di tipo neoplatonico – alle IDEE come modelli eterni ed immutabili.
A questa concezione si univa quella della progressiva emanazione, per cui le idee divine si riflettono nelle rispettive immagini e forme nell’anima del mondo. Donde esse vengono di nuovo riflesse nelle forme materiali.
Questo concetto è meglio esplicitarlo in senso verticale:

  1. Idee divine

Si riflettono

  1. Nell’anima del mondo come immagini o forme,

queste immagini o forme si riflettono

  1. Nelle forme materiali.

Giordano Bruno era perfettamente a conoscenza di questi principi e li condivideva totalmente. Solo a questa tesi unifica la mnemotecnica che abbiamo appena visto.
Precedentemente ho sostenuto che Bruno non voleva SOLO creare una tecnica avanzata di arte della memoria, ma creare un uomo mago. Infatti egli quando crea le sue immagini, derivandole soprattutto dalla tradizione ermetica ovvero da Teucro Babilonese e Cornelio Agrippa, non le deriva da situazioni qualsiasi o da luoghi noti (ancorché suggestivi) ma da IMMAGINI STELLARI. […] Tutte le immagini avevano (seguendo la tradizione) a che vedere con l’universo stellato e lo zodiaco. Erano insomma figure che discendevano direttamente dalle idee divine. Bruno voleva creare nella mente del suo uomo-mago quelle stesse immagini che, provenendo dalla prima emanazione delle idee, si andavano concretizzando nell’anima del mondo.
Portare la mente dell’uomo a quei livelli significava dargli la possibilità poi di intervenire concretamente a livello materiale. Infatti le immagini o forme dell’anima del mondo poi si riflettevano nelle forme della materia. Se l’uomo-mago le ha impresse in sé è evidente che può trasformare la realtà nel momento in cui queste vanno – come si è detto – a trasformarsi nelle cose del mondo.

Da Enrico Cornelio Agrippa – La Filosofia Occulta o La Magia – Ed Mediterranee.

II Vol. – p. 294 e segg.: “L’anima umana è composta dalla mente, mens, dalla ragione, ratio, e dall’eidolon, idolum. La mente rischiara la ragione, a ragione influisce nell’eidolon (immaginazione) e tutte e tre queste cose non formano che una sola anima. La ragione, se non è illuminata dalla mente, non è immune da errore. Ma la mente non offre luce alla ragione, se Dio non la illumina come prima luce; perché in Dio è la prima luce che appare al di sopra di ogni intelletto e per questo motivo non si può chiamarla luce intelligibile: ma quando questa luce è infusa nella mente, essa diventa intellettuale e può essere intellettualmente afferrata; poi quando attraverso la mente si infonde nella ragione, diventa razionale e può non soltanto essere intellettualmente compresa ma essere cogitata. In seguito, quando per mezzo della ragione viene infusa nell’immaginazione (eidolon), essa diviene non solamente cogitabile, ma anche immaginabile, senza essere ciononostante corporea. […] Colui che conosce ciò secondo il rito, può tanto elevarsi nella conoscenza da far sì che la sua virtù immaginativa trascenda e si congiunga con la virtù universale. […] E la sua cogitazione diviene fortissima, quando su di essa si effonde quella virtù eterea e celeste, dal cui splendore è confortata sino a che apprende le specie, le nozioni e la scienza delle cose vere, in modo che ciò ch’egli avrà concepito nel pensiero sarà nella realtà e ch’egli giungerà ad acquistare così gran potenza da immergersi e insinuarsi nello spirito degli altri uomini e renderli certi delle sue concezioni  e del suo volere. […] Se dunque il potere dell’immaginazione è tanto grande da potersi insinuare ovunque, senza esserne impedito da lontananza di luogo e di tempo, […] è indubitabile che la potenza della mente sarà maggiore quando realizzerà la propria natura, quando non sarà più appesantita dai legami dei sensi e quando si manterrà incorruttibile e simile a se stessa.