Lucifero, il diavolo, l'angelo

“Entriamo dunque arditamente e francamente nell’argomento: esiste il Diavolo? Che cosa è il Diavolo? Alla prima domanda, la scienza tace, la filosofia nega a caso, la religione afferma che il Diavolo è un angelo caduto. La filosofia occulta accetta e spiega con questa definizione: il diavolo è il grande Agente Magico impiegato per il male da una volontà perversa. In una parola per noi il diavolo è la forza messa al servizio dell’errore, la persistenza della volontà nell’assurdo, il peccato mortale.” (Elifas Levi, da Il dogma dell’alta magia)
“Conoscete la vecchia Regina del mondo che sempre cammina e mai non si stanca?
Tutte le sregolate passioni, tutte le egoistiche voluttà, tutte le sfrenate forze dell’umanità e le sue tiranniche debolezze precedono l’avara proprietaria della nostra valle di dolore, e con la falce nella mano, operaie infaticabili, raccolgono una eterna messe.
La Regina è vecchia come il tempo; ma nasconde il suo scheletro sotto gli avanzi della bellezza delle donne che rapisce alla loro giovinezza ed ai loro amori. La sua testa è coperta di freddi capelli che non le appartengono; dai capelli di Berenice seminati di stelle a quelli prematuramente canuti tagliati dal boia sulla testa di Maria Antonietta, la spogliatrice di fronti coronate si è parata di spoglie di regine.
Il suo corpo pallido e ghiaccio è coperto di acconciature avvizzite e di sudari in brandelli; le sue mani ossute e cariche di anelli tengono ferri e corone, scettri ed ossa, pietre preziose e cenere.
Quando passa, le porte si aprono da sole; essa entra attraverso le mura, penetra fin nelle alcove dei re, sorprende nelle loro orge più segrete gli spogliatori dei poveri, si asside alla loro mensa, versa loro da bere e canta ghignando le loro canzoni con le gengive sdentate, prende il posto della impura cortigiana che si nasconde sotto alle loro cortine.
Si aggira volentieri intorno ai lussuriosi che si addormentano, cerca le loro carezze quasi sperasse riscaldarsi alla loro stretta; ma agghiaccia tutti coloro che tocca e non si riscalda giammai. Talvolta la si direbbe presa da vertigine; non cammina più lentamente, ma corre, e se i suoi piedi non sono assai rapidi, sperona i fianchi di un pallido cavallo e lo lancia ansimante attraverso le moltitudini.
Al suo fianco galoppa l’Omicidio su un cavallo rosso; vola innanzi a lei l’Incendio, e scioglie la sua capigliatura di fumo agitando le ali rosse e nere; la Fame e la Peste la seguono al passo di due cavalli malati e scheletrici che raccolgono affamati le rare spighe che essa ha dimenticato nella sua raccolta.
Dopo questo funebre corteo seguono due fanciulli pieni di sorrisi e di vita, l’Intelligenza e l’Amore nel secolo a venire; il doppio genio dell’umanità nascitura.
Dinnanzi a loro le ombre della notte si ripiegano come la notte dinanzi alle stelle dell’aurora, sfiorano la terra d’un piede leggero e vi seminano a piene mani la speranza di un’annata novella.
Ma la morte non verrà più spietata e terribile a falciare come erba secca le spighe mature del secolo a venire; essa cederà il passo all’angelo del Progresso che distaccherà dolcemente le anime dalla loro catena mortale per lasciarle salire a Dio.
Quando gli uomini sapranno vivere non moriranno più, ma si trasformeranno come la crisalide che si muta in una brillante farfalla.
I terrori della morte sono figli della nostra ignoranza e la morte stessa è tanto spaventosa solo per gli avanzi di cui si copre e per i colori oscuri coi quali si circondano le sue immagini. La morte è il vero lavoro della vita. Nella natura v’ha una forza che non muore, ed essa trasforma continuamente gli esseri per conservarli; questa forza è la Ragione o il Verbo della natura.
Nell’Uomo esiste anche una forza analoga a quella della natura ed essa è la Ragione o il Verbo dell’Uomo. Il Verbo dell’Uomo è l’espressione delle sua volontà diretta dalla ragione. Esso è onnipotente quando è ragionevole, giacché allora è analogo al Verbo stesso di Dio.
Per il Verbo della sua ragione l’uomo diventa il conquistatore della vita e può trionfare della morte.
La vita stessa dell’uomo non è che il parto o l’aborto del suo verbo. Gli esseri umani che muoiono senza avere compreso e aver formulato la parola di ragione, muoiono privi di speranza eterna.
Per lottare con vantaggio contro il fantasma della morte bisogna essersi identificato con la realtà della vita. Che mai importa a Dio di un aborto se la vita è eterna? Che importa alla natura di un idiota che muore se la ragione vive ognora e conserva le chiavi della vita?
La forza giusta e terribile che uccide eternamente gli aborti era nominata dagli Ebrei Samuele, dagli Orientali Satana, dai Latini Lucifero.
Il Lucifero della Cabala non è un angelo maledetto e fulminato; è l’angelo che col fuoco rischiara e rigenera; sta agli angeli di pace come la cometa alle tranquille stelle delle costellazioni primaverili.
La stella fissa è bella, radiosa e calma; beve i celesti aromi e con amore guarda le sorelle in splendida veste, il fronte adorno di diamanti; sorride cantando il suo cantico del mattino e della sera, gode di un eterno riposo che nulla potrebbe turbare e procede con solennità lungo il cammino che i guardiani di luce le hanno assegnato.
La cometa errante invece, sanguinosa e scapigliata accorre dalle profondità del cielo, si precipita fra le tranquille sfere come un carro da guerra fra una processione di vestali, osa affrontare l’ardente spada dei guardiani del Sole e, come una sposa smarrita che cerca lo sposo sognato nelle sue vedove notti, giunge fino al tabernacolo del re del giorno, poi sfugge esalando i fuochi che la divorano e trascinandosi dietro un lungo incendio; le stelle impallidiscono al suo avvicinarsi, i greggi stellati che pascono i fiori di luce delle praterie del cielo sembrano sfuggire il suo soffio tremendo. Il gran consiglio degli astri si è riunito; in fine la più bella delle stelle fisse è incaricata di parlare a nome di tutto il cielo e di proporre la pace alla vagabonda corsara.
“Sorella mia” le dice, “perché mai turbi l'armonia delle nostre sfere? Che male ti abbiamo fatto? E perché, invece di correre alla ventura non ti fermi come noi, secondo il tuo rango alla corte del Sole? Perché non vieni insieme con noi a cantare l'inno della sera, come noi vestita della bianca veste che si ricongiunge sul seno con un fermaglio di diamante? Perché lasci sparsa nella notte la tua chioma che è bagnata di un sudore di fuoco? Oh! Se tu prendessi posto fra le figlie del cielo, come saresti più bella! Il tuo volto non sarebbe più infiammato dalla fatica della corsa inaudita, puri sarebbero gli occhi tuoi e bianco e roseo il tuo viso sorridente come quello delle tue sorelle felici; tutti gli astri ti conoscerebbero e lungi dal temere il tuo passaggio, si rallegrerebbero al tuo avvicinare, giacché tu saresti unita a noi dagli indissolubili legami del1'armonia universale, e la tua tranquilla esistenza non sarebbe che una voce di più nel cantico dell'amore infinito.”
E la cometa risponde alla stella fissa:
“ Non credere, o sorella, che possa errare alla ventura e turbare l’armoniadelle sfere; Dio ha tracciato il mio cammino come il tuo e se la mia corsa ti pare incerta e vagabonda sì è perché i tuoi raggi non possono estendersi tanto da abbracciare l'elissi ch'egli mi ha assegnato per pista. La mia infiammata capigliatura è il fanale di Dio; sono la messaggera dei soli e mi ritempro nei loro fuochi per fame parte sul mio cammino ai giovani mondi che non hanno ancora abbastanza caldo e agli astri che nella loro solitudine tremano dal freddo. Se mi stanco nel mio lungo viaggio, se sono di una bellezza meno dolce della tua, se meno verginea è la mia acconciatura, non per questo sono meno di te nobile figlia del cielo. Lasciatemi il segreto del mio terribile destino, lasciatemi lo spavento che mi circonda, ma­leditemi se non potete comprendermi; ma non per questo io rinuncerò a compiere l'opera che mi fu assegnata e a continuare la mia corsa sotto la spinta del soffio di Dio! Felici le stelle che si riposano e brillano come giovani regine nella tranquil1a società degli universi! Io sono la proscritta sempre errante che ha per patria l'infinito. Mi si accusa di incendiare i pianeti che riscaldo e di spaventare gli astri che rischiaro; mi si rimprovera di turbare l'armonia degli universi poiché non giro attorno ai loro particolari centri, mentre li unisco gli uni agli altri fissando i miei sguardi sul centro unico di tutti i soli. Sta' dunque tranquilla, mia bella stella fissa, non voglio toglierti la tua pacifica luce, darei invece per te la mia vita ed il mio calore. Potrò sparire dal cielo quando sia consumata; la mia sorte sarà però stata meravigliosa! Sappiate che nel tempio di Dio ardono fuochi diversi che tutti lo glorificano; voi siete le fiamme del candeliere d'oro ed io la fiamma del sacrificio: segua ognuno di noi il suo destino”.
Terminando queste parole la cometa scuote la sua capigliatura, si copre del suo ardente scudo e si precipita negli spazi infiniti ove sembra sparire per sempre. A questa maniera appare e scompare Satana negli al1e­gorici racconti biblici.
Un giorno, dice il libro di Giobbe, i figli di Dio erano venuti per pre­sentarsi a lui; fra essi eravi anche Satana; a lui disse il Signore: Di dove vieni? Ho fatto, rispose, il giro della terra e l'ho percorsa.
Ecco come poi un Vangelo gnostico, ritrovato da un erudito viaggiatore, nostro amico, in Oriente, spiega, a vantaggio del simbolico Lucifero, la genesi della luce: “La verità che conosce se stessa è il pensiero vivente; la verità è il pensiero che in lei si contiene, e il pensiero formulato è la pa­rola. Quando il pensiero eterno ha cercato una forma ha detto: Sia la luce”.
Questo pensiero che parla è il Verbo; e il Verbo dice: « sia fatta la luce, perché il Verbo stesso è la luce degli spiriti».
La luce increata, che è il Verbo divino, raggia, poiché vuole essere veduta, e quando dice: sia la luce, apre gli occhi e crea le intelligenze:
Quando Dio disse: Sia la luce, l'Intelligenza fu fatta e la Luce comparve.
Così l'Intelligenza sparsa da Dio col soffio della sua bocca come una stella staccata dal Sole, prese 1a forma di un angelo meraviglioso e il cielo lo salutò col nome di Lucifero. L'Intelligenza si destò e tutta si comprese sentendo queste parole del Verbo Divino: Sia la luce!
Si sentì libera giacché Dio le aveva ordinato di essere, e, alzando la testa e allargando le ali, rispose:
“Io non sarò la Schiavitù”.
“Sarai allora il Dolore?” le domandò la Voce increata. “Sarò la Libertà” rispose la Luce.
“ L'Orgoglio ti travierà” riprese la Voce increata “e tu partorirai la morte”.
“Ho bisogno di lottare contro la morte per conquistare la Vita” ri­prese ancora la Luce creata.
Dio allora staccò dal suo seno il filo di splendore che tratteneva ancora l'angelo superbo, e vedendolo slanciarsi nella notte ch'egli solcava di gloria, amò il figlio del suo pensiero, e, sorridendo d'un sorriso ineffabile, disse a se stesso che bella era la luce.”

Elifas Levi, da Il rituale dell’alta magia



A cura dell'Accademia Kremmerziana Patavina