Da Asclepio di Ermete Trismegisto

Da Asclepio di Ermete Trismegisto

- Parlavo, infatti, proprio all’inizio, di quell’unione con gli dei della quale gli uomini sono i soli a godere, per degnazione degli dei stessi – almeno tutti quegli uomini che hanno ottenuto la così grande fortuna di acquisire il suddetto divino senso dell’intellezione, facoltà percettiva divinissima presente soltanto in Dio e nell’intelligenza umana.
- Ma allora, o Trismegisto, l’intelletto non è uguale in tutti gli uomini?
- Non tutti, o Asclepio, hanno ottenuto la conoscenza vera ma, nella loro foga temeraria, senza aver visto la vera natura di nessuna cosa, si lasciano ingannare seguendo una vana immagine che genera nelle menti la malizia e trasforma il più nobile dei viventi, facendogli assumere la natura di un animale selvaggio, con comportamenti di una belva. Ma dell’intelletto e di tutti gli argomenti simili vi spiegherò tutto per intero quando tratterò anche del soffio (spiritus). L’uomo, in effetti, è l’unico vivente di natura duplice e una delle parti che lo compongono è semplice, quella che i Greci chiamano ousiódes, “essenziale”; e che noi chiamiamo formata a somiglianza di Dio; l’altra parte invece è quadruplice, quella che i Greci chiamano hylikón, “materiale” e che noi denominiamo mondana, terrena: da essa è stato fatto il corpo, che circonda e custodisce quella parte che nell’uomo abbiamo appena detto essere divina, dove la divinità della pura mente, protetta, sola con ciò che è ad essa affine, ossia i sensi della pura mente, possa riposarsi con se stessa, come circondata dalle mura del corpo.

 

Da Asclepio di Ermete Trismegisto

L’intera sostanza di tutte le forme sensibili che sono nel mondo, e di ciascuna di esse, è, per così dire, mondana, materiale: il mondo materiale effettivamente nutre i corpi, il soffio le anime. Quanto all’intelletto, invece, è un dono celeste di cui gode soltanto l’umanità – e nemmeno tutti gli uomini, ma quei pochi la cui mente è tale da essere capace di ricevere un beneficio così grande; come, infatti, il mondo è illuminato dal sole, così la mente umana è illuminata da questa luce, e tanto più; tutto ciò che il sole illumina, infatti, è privato talvolta della sua luce, in quanto per l’interposizione della terra e della luna, si fa notte; ora, l’intelletto, una volta mescolato all’anima umana, diviene una sola materia con essa, grazie a una profonda e ben riuscita commistione, cosicché le menti di questo tipo non sono mai impedite dalla caligine degli errori. Per questa ragione giustamente dissero che l’anima degli dei è interamente intelletto – io personalmente non dico l’anima di tutti gli dei, ma dei più grandi, dei principali.

 

Da Asclepio di Ermete Trismegisto

L’Apocalisse

Non sai forse, Asclepio, che l’Egitto è l’immagine del cielo o, per esprimermi in modo più attinente alla verità, il luogo in cui si trasferiscono e in cui discendono tutte le cose che in cielo sono disposte e messe in atto? Anzi, se devo esprimermi in modo ancora più vicino alla verità, la nostra terra è il tempio dell’intero mondo.
E tuttavia, poiché si addice ai saggi conoscere in anticipo tutte le cose, non è consentito dal diritto divino che voi ignoriate questo: verrà un tempo in cui risulterà chiaro che gli Egizi hanno adorato invano la divinità con assiduo culto e con mente pia e ogni loro santa venerazione cadrà nell’inutilità, in modo frustrante: la divinità lascerà la terra per ritornare in cielo e l’Egitto sarà abbandonato; questa contrada che fu sede di culti sarà privata della presenza dei numi. Saranno degli stranieri, infatti, a riempire questa regione, questa terra, e non solo si trascureranno i culti ma, fatto più grave, saranno anche vietati, sotto minaccia di una pena stabilita, gli atti di venerazione e di devozione verso gli dei. Allora questa terra santissima, sede di santuari e di templi, sarà del tutto piena di sepolcri e di morti. O Egitto, Egitto! Dei tuoi culti religiosi sopravviveranno soltanto i miti e inoltre i tuoi posteri non ci crederanno nemmeno più. Resteranno soltanto le parole incise sulle pietre a narrare i tuoi atti devoti e ad abitare l’Egitto saranno Sciti, Indiani o popoli del genere, ossia i barbari lì vicini. La divinità, infatti, risalirà al cielo; gli uomini, abbandonati, moriranno tutti e così l’Egitto, privo di Dio e dell’uomo, rimarrà deserto. A te mi rivolgo, santissimo fiume, e a te predìco il futuro: pieno di sangue che scorre, tu romperai gli argini e le tue onde divine non solo saranno contaminate dal sangue, ma eromperanno interamente dal tuo letto e il numero dei sepolcri sarà molto maggiore di quello dei viventi e chi sopravviverà sarà riconosciuto come egiziano soltanto grazie alla lingua, mentre nel comportamento sembrerà uno straniero.
Perché piangi, Asclepio? L’Egitto stesso si lascerà persuadere a fare cose molto più gravi e peggiori e sarà imbevuto da mali maggiori, esso che, un tempo terra santa, tanto amante della divinità, meritatamente l’unico luogo in cui gli dei risiedevano a compenso della sua devozione, che insegnò agli uomini la santità e la pietà, sarà esempio della più grande crudeltà. E allora, a causa del tedio degli uomini, il mondo non sembrerà più degno di meraviglia e di adorazione. Questo tutto, che è buono e del quale non c’è mai stato, non c’è e non ci sarà mai nulla di migliore che possa essere visto, si troverà in pericolo e per gli uomini risulterà un peso e perciò questo mondo, nella sua interezza, sarà disprezzato e non sarà più amato, quest’opera inimitabile di Dio, questa gloriosa costruzione, creazione buona composta da una multiforme varietà di immagini, strumento della volontà di Dio che nella sua opera prodiga il suo favore senza risparmio, riunione di molte forme in unità, raccolta di tutte le cose che possono essere venerate, lodate e, insomma, amate da quanti le vedono. Infatti, le tenebre saranno preferite alla luce, la morte sarà giudicata più utile della vita, nessuno alzerà gli occhi al cielo, l’uomo religioso sarà considerato pazzo e l’ateo assennato, il folle sarà stimato un eroe e il peggiore sarà ritenuto un uomo per bene. Quanto all’anima e a tutti i discorsi che la riguardano, secondo i quali o è nata immortale o presume di conseguire l’immortalità, secondo quello che vi ho spiegato, non solo saranno oggetto di riso, ma saranno anche considerati vacuità. Anzi, credetemi, si stabilirà anche il pericolo di morte per chi si dedicherà alla religione dello spirito. Sarà stabilito un nuovo diritto, una nuova legge; non si sentirà dire o si crederà in coscienza alcunché di santo, di pio o di degno del cielo e dei celesti.
Avverrà una separazione degli dei dagli uomini di cui ci si dovrà addolorare; rimarranno soltanto gli angeli cattivi che, mescolandosi agli uomini, spingeranno con la violenza quei disgraziati a tutte le malvagità indotte dall’audacia: alle guerre, alle rapine, alle frodi e a tutto ciò che è contrario alla natura delle anime. Allora, né la terra riuscirà più a mantenere la sua stabilità, né il mare potrà più essere navigato; il cielo non sarà più percorso dagli astri né il corso degli astri si vedrà più nel cielo; ogni voce divina ammutolirà in un silenzio forzato; i frutti della terra si corromperanno e il suolo non sarà più fertile e l’aria stessa si intorpidirà in un mesto languore.
Questa sarà la vecchiaia che verrà per il mondo: irreligiosità, disordine, confusione di tutti i beni. Quando tutte queste cose saranno accadute, Asclepio, allora il Signore e Padre, il Dio primo in potenza e governatore del dio uno, considerando questi comportamenti e queste colpe volontarie, con la sua volontà che è benevolenza di Dio, opponendosi ai vizi e alla corruzione di tutte le cose e rimediando all’errore, annienterà ogni malvagità o lavandola via con un diluvio o consumandola col fuoco o annientandola con malattie pestilenziali sparse per diversi luoghi e restituirà, quindi, al mondo il suo aspetto originario, perché il mondo stesso sembri degno di adorazione e di ammirazione e Dio, creatore e restauratore di un’opera tanto grandiosa, sia celebrato, dagli uomini che vivranno allora, con frequenti elogi, inni e benedizioni. Questa infatti sarà la rinascita del mondo: un rinnovamento di tutte le cose buone e una restaurazione santissima e solennissima della natura stessa, imposta dal corso del tempo, ma precedentemente da quella volontà che è e che è sempre stata senza inizio ed eterna. Infatti, la volontà di Dio non ha un inizio, essa che è sempre uguale e che, così com’è, è eterna. Poiché la natura di Dio si identifica con l’intento della sua volontà.

 

Da Asclepio di Ermete Trismegisto

La morte risulta dalla dissoluzione del corpo spossato dalla fatica, una volta completato il numero di anni nel quale le membra del corpo si adattano tra loro a formare un unico meccanismo finalizzato agli usi della vita. Il corpo, infatti, muore quando ha perduto le capacità di sopportare le funzioni vitali di un essere umano. La morte, dunque, consiste nella dissoluzione del corpo e nella sparizione delle percezioni corporee: angosciarsi per questo è cosa assolutamente vana.

 

Da Asclepio di Ermete Trismegisto

Riguardo al vuoto, poi, che alla grande maggioranza delle persone sembra qualcosa di tanto importante, il mio pensiero è il seguente: di vuoto non esiste nulla, né è mai potuto esistere, né potrà mai esistere. Infatti, tutte le membra del mondo sono pienissime, in modo tale che il mondo stesso risulta pieno e perfetto, in virtù di corpi che sono diversi tra loro per qualità e per forma, dotati di una figura propria e di una propria grandezza. Di essi, uno è più grande di un altro; un altro è più piccolo e, ancora, si differenziano in base alla densità e alla rarefazione. Infatti, alcuni di essi, che sono più densi, sono più facilmente visibili, come anche quelli di dimensioni maggiori; i più piccoli e rarefatti, invece, o li si vede a stento o proprio non si riesce a vederli: è soltanto in virtù del tatto che riconosciamo l’esistenza di queste cose. Ne risulta che molte persone sono convinte che queste cose non siano corpi, bensì spazi vuoti, il che è impossibile. Come infatti il vuoto che si dice che esista al di là – ammesso che esista (poiché io non credo nemmeno questo) – credo che dovrebbe essere pieno di esseri intelligibili, ossia simili alla loro divinità, così anche questo mondo, cosiddetto sensibile, è pienissimo di corpi e di viventi che si confanno alla sua natura e qualità: eppure noi non vediamo tutte le forme di questi corpi, ma soltanto alcune particolarmente grandi, altre piccolissime, che ci appaiono tali a motivo dell’ampio spazio interposto, sia perché la nostra vista non è acuta; o addirittura a causa della loro eccessiva piccolezza, molti ritengono che non esistano nemmeno. Parlo ora dei dèmoni, che a mio avviso abitano insieme con noi, e degli eroi, che risiedono nella parte purissima dell’aria al di sopra di noi, là dove non c’è posto né per nebbie né per nubi né per moti di corpi celesti. Perciò, Asclepio, non chiamare nulla vuoto, se non con la precisazione che tu intendi vuoto di una certa cosa, ad esempio vuoto di fuoco, vuoto di acqua e di queste cose simili poiché, anche se capiterà qualcosa che può essere vuoto di cose di questo tipo, grande o piccolo che sia, tuttavia non potrà essere vuoto di soffio e di aria.
Del luogo, similmente, occorre dire che questo termine di per sé non ha significato. Infatti, che cosa sia il luogo risulta chiaro soltanto da ciò di cui è luogo. Infatti, se si toglie questa determinazione principale, il significato del nome risulta mutilato. Perciò diremo correttamente: il luogo dell’acqua, il luogo del fuoco e simili. Come è impossibile che esista qualcosa di vuoto, così non si può riconoscere nemmeno che cosa sia il luogo, di per sé. Infatti, se supporrai un luogo senza l’oggetto di cui è luogo, questo luogo sembrerà vuoto: ma io non credo che nel mondo esista un luogo vuoto. Ora, se di vuoto non c’è nulla, non si riesce nemmeno a comprendere che cosa sia il luogo di per sé, a meno di non aggiungere anche le determinazioni di lunghezza, larghezza e altezza, come nel caso dei corpi umani.
Poiché questa, dunque, è la situazione, o Asclepio e voi qui presenti, sappiate che il mondo intelligibile, ossia quello che si può conoscere soltanto grazie alla facoltà percettiva della mente, è incorporeo, e alla sua natura non può essere mescolato nulla di corporeo, ossia qualcosa che possa essere definito mediante qualità, quantità e numero. In esso, infatti, non sussiste nulla di simile.

Da Frammenti di Ermete Trismegisto

Concepire Dio è difficile e, anche per chi sia in grado di concepirlo, descriverlo è impossibile. E’ impossibile, infatti, per un essere corporeo esprimere l’incorporeo; e non è possibile, per un essere imperfetto, cogliere il perfetto; ed è difficile, per un essere destinato a durare poco tempo, entrare in compagnia con l’eterno. Quest’ultimo, infatti, è sempre, mentre l’altro passa, e l’uno è in verità, mentre l’altro è solo tratteggiato a chiaroscuro dalla facoltà immaginativa. E il più debole dal più forte e il peggiore dal migliore distano tanto quanto il mortale dal divino. La distanza che si frappone fra i due ombreggia la vista del Bello. Agli occhi, infatti, sono visibili soltanto i corpi; con la lingua si possono esprimere soltanto le cose visibili: ciò che, invece, è incorporeo, invisibile e privo di figura, e non è nemmeno costituito di materia, non può essere colto dai nostri sensi. Io intuisco, o Tat, intuisco; quello che è impossibile esprimere è Dio.