Tradizione e Scienza

Considerazioni personali

 

Dopo alcuni decenni passati a studiare, esaminare, sperimentare i diversi aspetti della Tradizione, incontrare persone e lavorare su me stesso, sento oggi la necessità di fissare alcune considerazioni, da cui potrebbero scaturire azioni operative, su ciò che  intendo per Tradizione e sulla opportunità di collegarla, nell’epoca attuale, alla Scienza d’avanguardia, in particolare alla Fisica e alla Neurologia.
Le origini arcaiche della Tradizione possono essere ricondotte a contatti “Sciamanici” primordiali, ottenuti anche mediante l’uso di piante sacre – acque corrosive – che consentivano, a seguito di modificazioni del DNA, contatti con dimensioni diverse dell’oloverso, venendo così in contatto con Forze Vive Intelligenti, che possono essere considerate come Neter – Dei – Maestri primordiali dell’Umanità.
Lo scopo della Tradizione, in tutte le sue diverse espressioni temporali e locali, è sempre individuabile in queste due principali finalità:

  1. Conservare e trasmettere nelle epoche, in funzione del tempo e del luogo, l’idea della possibilità evolutiva dell’uomo, le tecniche e le modalità per ottenerla, arricchendole con le esperienze acquisite.
  2. Inserire nella società, attraverso i canali più idonei del luogo e del tempo, idee evolutive, che possano servire ad un aumento di coscienza della società intera e possano stimolare i più pronti ad iniziare il lavoro su di sé .

Quindi si può sintetizzare che la Tradizione ha sempre contemplato, nelle diverse epoche e nei diversi luoghi, l’Opera Alchemica su se stessi e l’Opera Alchemica sulla società, al fine di raccogliere le individualità “distillate”.
L’umanità è il grande crogiolo, da cui distillano le “anime purificate”; compito della Tradizione non è quello di far distillare in tempi brevi l’umanità intera (questo avverrà solo in epoche future quando la terra intera muterà il suo stato evolutivo), bensì di gettare sempre semi di fermento all’interno dell’umanità (mantenere acceso il fuoco sotto il crogiolo), raccogliere i primi distillati, convogliandoli all’interno di una Schola, che ne faciliti l’ulteriore distillazione, raccogliere il distillato in una “comunità-modello”, che serva da esempio e consenta al distillato stesso di operare per l’umanità, gettando in essa semi di fermento (ciclo distillatorio), e di operare per sé e per il seguito del proprio percorso evolutivo.
La Tradizione la vediamo operare nelle antiche culture e religioni, la vediamo con volti diversi ma con la stessa essenza, nelle culture del Sud America (Toltechi, Olmechi, Maya, Incas), in Cina, in India, nel bacino del Mediterraneo con la grande cultura Egizia, che si pone come ponte tra l’Oriente e l’Occidente. La vediamo in Italia con Pitagora e con la trasmissione dell’Ordine Egizio, attraverso la Colonia Egizia Alessandrina di Napoli.
La Tradizione fu presente in Europa con i Rosacroce, che esprimevano esattamente le due finalità di essa.
 Attraverso le epoche la Tradizione utilizzò diversi vettori, quali ad esempio la cavalleria (Graal e Templari)  e la Massoneria.
La Tradizione, come Grande Ordine Eterno ed Invisibile e Pulsante, si è sempre espressa nelle società durante i millenni, alcune volte comparendo in modo evidente, altre in  modo occulto o con forme in apparenza anche molto diverse tra loro.
Oggi, agli inizi del terzo Millennio, in un’epoca in cui si mescolano aspirazioni e disincanto, speranze ed idee di distruzione, in cui tutto è mescolato e non si riescono ad individuare valori stabili, ci troviamo di fronte ad una “finestra decisionale”, come definita dalla scienza attuale.
Ervin Laszlo, scienziato e filosofo della scienza contemporanea, così scrive.
Da “Il Punto del Caos” di Ervin Laszlo – Ed. URRA – p. 18 e segg.:
“… La finestra decisionale, 2005-2012. Le condizioni radicalmente mutate esercitano pressioni sull’ordine sociale dominante, mettendo in dubbio valori, visioni del mondo, etica e aspirazioni. La società entra in una fase di fermento. La flessibilità e la creatività delle persone creano ora quella ‘fluttuazione’ sottile ma estremamente importante che decide quale percorso di sviluppo fra quelli disponibili percorrerà la società da questo punto in avanti.
… Il Punto del Caos, 2012. Il processo avviato all’alba del diciannovesimo secolo e in accelerazione dal 1960 in poi porta inevitabilmente a una finestra decisionale e quindi a una soglia critica senza ritorno: il Punto del Caos. Ora vale una regola molto semplice: non possiamo fermarci, non possiamo tornare indietro, dobbiamo andare avanti. Ci sono diversi modi in cui possiamo farlo. C’è un percorso che porta al collasso, e un altro che porta a un mondo nuovo."
La finestra decisionale, in questa fine dei tempi è prevista anche da Schwaller De Lubicz (“Simbolo e Simbolica” – Ed. Arkeios – p. 39 e segg.): “Un nuovo tempo deve cominciare  e si annuncia tanto con dei movimenti sismici, dei cambiamenti climatici, quanto e soprattutto, infine, con lo spirito che anima l’uomo. Ogotemmeli rivela a Marcel Griaule la metafisica base dei costumi dei Dogoni, perché egli sa  ‘che è venuto il tempo in cui queste cose, tenute nascoste fini ad oggi, devono essere dette’. … Ciò che è però oggi inquietante è che la rivoluzione attuale non si annuncia costruttiva. Per esempio l’era cristiana, fondata su una rivelazione, arrivava come conclusione logica dopo l’era egiziana, parte precisamente di una rivelazione: la coscienza è arricchita prima dell’applicazione, in tutti i campi dell’attività umana. Dai nostri giorni l’applicazione precede lo stato di coscienza, che non è conforme all’esperienza materiale; esiste un disaccordo fra la dinamica e la statica, fra lo psichico e il cerebrale, fra l’intelligenza esoterica e quella exoterica. La crisi è estremamente pericolosa e potrebbe essere chiamata quella della fine di un mondo, contenente un’annunciazione, mentre le crisi finali dell’Antico Impero egiziano e quella dell’epoca degli apostoli erano state l’inizio di una nuova era.”
Scrive ancora Schwaller De Lubicz (“La Teocrazia Faraonica” – Ed. Mediterranee - p. 136):
“Un’epoca talmente distruttrice, tra il finire ed il ricominciare di un tempo, può trovare spiegazione soltanto alla luce di altre crisi simili. Ora, noi possiamo constatarne con esattezza l’esistenza alla fine dell’epoca precessionale del Toro (dall’VIII all X Dinastia), come pure alla fine dell’epoca dell’Ariete, al momento del passaggio all’èra cristiana; e di nuovo vediamo l’inizio di una identica crisi all’epoca attuale del passaggio dai Pesci all’Acquario. Gli stessi sintomi, infatti, la caratterizzano: una democratizzazione che fa dimenticare l’opera del tempo dei re, che rinnega la metafisica religiosa ed il cui disordine sociale è spesso accompagnato da alterazioni climatologiche e telluriche.”
Oggi, agli inizi del 3° Millennio, nel cambio d’epoca previsto nella finestra decisionale del 2012, l’uomo immerso sempre più nella densità materiale riesce con sempre maggior difficoltà ad avvicinare correttamente le “vie tradizionali dei tempi passati” e rischia anche di applicarle in modo profondamente scorretto e dannoso, quindi è forse necessaria una nuova modalità di espressione della Tradizione.
Forse nel terzo Millennio, alla Fine dei tempi, bisogna ritornare alle Origini dei tempi, cogliendo l’aspetto più puro della Tradizione e collegandosi alla scienza d’avanguardia, al di fuori di falsi misticismi dogmatici.
Ma a quale scienza mi riferisco? Non certo a quella materialista, meccanicista, pragmatica e tecnologica, che purtroppo ancora si insegna e forma il substrato culturale della società. Mi riferisco alla scienza ufficiale di avanguardia, soprattutto nel campo della fisica e della neurologia. Per chiarire meglio di cosa si tratta, riporto quanto scritto da Ervin Laszlo, in  “Terzo Millennio: La Sfida e la Visione” – Ed. Corbaccio.
p. 97: “La visione che emerge dalle ricerche scientifiche d’avanguardia svolge un ruolo importante, anche se generalmente insospettato: quello di reintegrare la nostra immagine del mondo, ormai frammentaria, offrendoci non solo le informazioni, ma anche l’ispirazione necessaria per vivere e maturare in un mondo complesso e interconnesso. Le nuove rivelazioni che ci offre sono sofisticate, e tuttavia non risultano di difficile comprensione. Riguardano le basi non materiali della realtà fisica ( la ‘materia’, benché solida in apparenza, è energia strutturata, che interagisce con il mare di energia virtuale quasi insondabile da cui ha origine); i legami sottili della vita (tutti gli esseri viventi della biosfera, noi compresi, interagiscono e comunicano fra loro in modo impalpabile ma efficace); e i poteri della mente appena riscoperti (quando si trovano in uno stato adeguatamente ‘sintonizzato’, il nostro cervello e la nostra coscienza possono comunicare con quasi tutti gli aspetti della vita umana e del mondo naturale).
Una volta che avremo compreso appieno queste rivelazioni, la nostra intera visione del mondo cambierà prospettiva: non potremo più guardare allo stesso modo di prima noi stessi, i nostri simili e la realtà circostante, che non è soltanto lo sfondo, ma il contesto attivo della nostra esistenza.”
p. 132 e segg.:
“Nella ricerca di una coscienza più evoluta, la visione evocata dalle più recenti scoperte della scienza è una fonte di informazione, oltre che di ispirazione. C’è solo da rammaricarsi che non eserciti appieno questo ruolo perché è in gran parte sconosciuto alla pubblica opinione. L’idea popolare di una visione del mondo di carattere scientifico è rimasta indietro di decenni rispetto alla visione suggerita dalla ricerca d’avanguardia. … Il nuovo quadro del mondo offerto dalla scienza non è diffuso in modo adeguato, e non è neppure articolato in modo efficace… . Insomma, quanto alla comunicazione delle nuove scoperte della scienza alla società, vige una regola generale, benché esasperante:  ciò che è aggiornato è inintelligibile, e ciò che è intelligibile è obsoleto.   La diffusione della nuova visione del mondo potrebbe avere delle ripercussioni davvero benefiche. Se l’umanità si rendesse conto che alcune intuizioni umane eterne corrispondono ad aspetti della realtà come viene interpretata dalla scienza, sarebbe più pronta a prestarvi attenzione. Sarebbe incoraggiata a sondare il proprio subconscio, accettando che immagini e intuizioni affiorino al livello della percezione quotidiana. L’effetto sarebbe simile all’esperienza degli stati di coscienza alterati, delle situazioni prossime alla morte e dei viaggi nello spazio, ma si potrebbe raggiungere senza costringere il pubblico a sottoporsi alla psicoterapia, a sfiorare da vicino la morte fisica o a farsi lanciare nello spazio.”
È evidente che la scienza, anche quella d’avanguardia, può essere utile solo come approccio iniziale e come linguaggio scevro da misticismi e settarismi; infatti, approfondendo i concetti ed iniziando il lavoro su di sé, si giunge ad un punto in cui la scienza ufficiale, anche se d’avanguardia, mostra il suo limite ed indica la necessità di un trascendimento, secondo quanto insegnato dalla Tradizione.
 A questo punto però chi arriva alla Tradizione per questo percorso arriva non condizionato da etichette settarie, pseudomistiche, devianti, ma con una mentalità più neutra ed aperta.

 

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