Scienza integrale

Un contributo per lo sviluppo della Scienza Integrale

 

Scrive Kremmerz in La Porta Ermetica – Ed. Mediterranee – p. 21: “Magia, che sarebbe prettamente classica, suona male a molti orecchi che aborrono l’antico, specie perché della parola se ne è abusato. Sostituiamola con due parole che la spiegano, chiamiamola scienza integrale.
Integrare significa rendere intiera o perfetta.
Integrazione è il metodo complementare per rendere la scienza, che ufficialmente si insegna nelle università, completa con lo studio e la conoscenza delle forze latenti nella natura e nell’uomo.
Quindi scienza integrale della natura obiettiva, magia naturale, e scienza integrale umana, che è la magia divina, perchè risveglia ed esercita e sviluppa in noi gli attributi che l’ignoranza ha finora attribuito agli dii.”

Gli studi della scienza attuale, nelle sue diverse branche del sapere, si sforzano di spiegare e prevedere i fenomeni della realtà, in modo sempre più preciso e completo, tentando di giungere alla teoria della grande unificazione – GUT e SUPER GUT - che, integrando in un’unità i quattro campi di forza universali, permetta di comprendere i processi evolutivi e l’emergere della coerenza nell’ordine della natura.
Ricerche condotte da numerosi scienziati, e coordinate dal Prof. Ervin Laszlo, giungono ad individuare indizi della possibile esistenza di un quinto campo, i cui effetti “sottili” trascendono i normali vincoli di spazio e tempo.
Il postulare questo campo, presente ad un livello di vuoto sub-quantistico, oltre a condurre ad una unificazione nella spiegazione dei fenomeni, consente di risolvere le numerose anomalie, che si riscontrano in molte discipline scientifiche e di giustificare l’emergere di una differenziazione, che risponde ad un ordine coerente nei vari campi dell’osservazione e dell’esperienza.
Con l’introduzione dell’ipotesi di questo campo sub-quantistico, il vuoto verrebbe considerato non solo il terreno generativo dell’universo osservabile, ma anche una sua parte organica.
Le prove dell’esistenza di questo campo, morfoforetico – che cioè conserva e trasmette le forme – e costituito da energia strutturata a livello di vuoto sub-quantistico, sono però attualmente solo indirette e derivano da anomalie riscontrate nei fenomeni osservati in fisica, biologia e discipline cognitive.
A questo punto riteniamo che la sfida scientifica dei prossimi anni sia sperimentare:

  1. se tale campo possa essere coscientemente percepito e sperimentato da sistemi viventi superiori;
  2. quali connessioni possano essere sviluppate tra questo campo e le strutture cerebrali umane;
  3. se siano possibili interazioni con tale campo, morfoforetico e generativo, ai fini di uno sviluppo evolutivo cosciente, singolo e collettivo.

Elementi di valutazione indiretti portano ad una risposta positiva alle tre precedenti ipotesi.
Questi stessi problemi, che la scienza attuale d’avanguardia si pone e tenta di risolvere, sono stati affrontati in tutte le epoche ed in tutti i paesi, con termini diversi e con altri metodi di ricerca.
Da sempre l’uomo ricercatore si è posto queste domande:

  1. esiste un ordine nei fenomeni della natura?
  2. esiste una legge evolutiva?
  3. esistono aspetti della realtà non direttamente percepibili dal sistema uomo con i suoi sensi, ma ciononostante interagenti con esso?
  4. esistono mezzi di sviluppo della coscienza umana, atti a sviluppare sistemi di percezione ed interazione con questi aspetti, non fisicamente percepibili?

Uno studio serio, approfondito, scientifico libero da idee preconcette e da dogmatismi, delle forme diverse della Gnosi Tradizionale dimostra ed indica come in essa, al di là delle diverse forme espressive di epoca e di luogo, tali domande fossero sempre poste e come la loro risoluzione fosse ricercata non tanto in una forzata espansione delle tecnologie di studi dei fenomeni, quanto piuttosto in un approfondito esame del sistema uomo stesso, quale strumento di conoscenza, e del Pensiero, mediante il quale egli osserva, percepisce, conosce, interpreta, codifica: in una parola, della Coscienza in tutti i suoi diversi livelli di esplicazione ed in tutte le sue possibilità di sviluppo.
Uno sviluppo della Coscienza e dei suoi diversi livelli di esplicazione, secondo tutte le forme di Gnosi Tradizionale, permetterebbe la comprensione diretta di “campi sottili” (oggi definibili come sub-quantistici), con i quali interagire e mediante i quali comprendere l’ordine dei fenomeni naturali ed i processi evolutivi stessi, giungendo a favorirli.
Al centro dello studio veniva posto l’uomo, non per un egoistico antropocentrismo, sviluppatosi successivamente a seguito di deviazioni, quanto piuttosto perché considerato come strumento di conoscenza.
La Gnosi Tradizionale si basava su di un sistema sapienziale, che fondava le proprie esperienze conoscitive sull’azione partecipativa – in senso trascendentale – del reale e non su di una modalità “dimostrativa” delle verità conoscibili.
In opposizione ai precetti del pensiero materialista, il quale riduce l’esperienza e tutto il sapere alle cose finite e contingenti, date dai sensi fisici, la Gnosi Tradizionale affermava che tutto il problema della conoscenza è racchiuso nell’interiorità di ogni essere umano e non dipende da quanti dati si conoscono, quanto piuttosto da una facoltà definibile come “intuizione intellettuale” o “Intelligenza del cuore” – come era definita nell’Egitto Faraonico - , che per svilupparsi ed attuarsi esige anzitutto il superamento del dualismo.
Va chiarito che questa facoltà non riguardava qualcosa di astratto e di contemplativo, bensì una particolare “forma di energia”, che pur essendo difficilmente afferrabile non è meno reale.
Pertanto conoscere per la Gnosi Tradizionale, non vuol dire accumulare dati e pensare dialetticamente, logicamente, razionalmente ad un fenomeno, ma essere il fenomeno stesso: viverlo, realizzarlo interiormente.
Non conosce realmente una cosa chi non possa trasformare attivamente la propria coscienza in essa; in altri termini: soltanto ciò che risulta da un’esperienza identificativa, non mediata, varrà come conoscenza.
L’intimo carattere di tale esperienza è di essere concreto, reale, tangibile quanto l’esperienza sensibile stessa e di essere nel contempo capace di cogliere, nell’istante, la realtà al di fuori del lato contingente spazio-temporale, proprio a tutto ciò che è sensibile; lato che anche la scienza positiva attuale tenta di sorpassare, a patto però di ridurre tutto a mere probabilità e ad astratti principi esplicativi.
Proprio in contrapposizione ad una saccente mentalità contemporanea, che chiama “fenomeno” unicamente ciò che colpisce i sensi fisici, la Gnosi Tradizionale definisce reale soltanto ciò che può essere vissuto e realizzato interiormente.
È nell’ambito di tale rapporto che si risolve la dicotomia tra realtà finita e realtà assoluta, in quanto vi è UNA realtà, ma un modo finito ed un modo assoluto di sperimentarla, e ciò in funzione di un più o meno ampio sviluppo raggiunto dalla coscienza.
Tale sperimentare presuppone e coincide quindi con una modificazione della coscienza, acquisibile per mezzo di processi attivi di trasformazione.
Agli inizi del XX secolo studiosi di grande serietà, tra i quali Giuliano Kremmerz, Rudolf Steiner, R.A. Schwaller De Lubicz, fino al più recente Massimo Scaligero, hanno condotto profonde ricerche sulla Gnosi Tradizionale, evidenziando la necessità di comprendere il PENSIERO, nel suo processo di conoscenza ed esplicazione, fino a giungere a quella “capacità di intuizione”, che permette una interazione consapevole con il “campo sottile”, individuabile oggi come campo di vuoto sub-quantistico, morfoforetico e generatore, consentendo così l’unità tra osservatore e fenomeno osservato, tra percipiente e fenomeno percepito.
Il non essere consapevole, da parte del ricercatore, della correlazione pensante presente nel percepire, da cui sorgono le forme dei fenomeni che appaiono, è oggi l’impedimento all’esperienza concreta del reale.
Secondo quanto espresso da Massimo Scaligero, questo è un impedimento spiegabile con la ignorata funzione dello strumento cerebrale, la quale, da mediatrice divenendo illecitamente matrice dell’attività interiore, arresta il pensiero all’alterità o alla forma sensibile dell’apparire. Il pensiero, di conseguenza, non esce dal rappresentare sensibile, non afferra né all’esterno il reale, né all’interno la propria sorgente di vita.
Il moto dell’idea viene utilizzato pragmaticamente, ma il ricercatore non lo avverte e si definisce pragmatico e positivo, perché ritiene irreale l’idea e reale il mondo fisico, mondo fisico che solo il moto dell’idea ha il potere di assumere e rendere reale.
Il potere di pensiero, sollecitato dall’esperienza scientifico-tecnologica, se non viene trasformato in contenuto di coscienza, diventa profondamente negativo, fino a divenire un “tossico interiore”.
Riferendoci a Massimo Scaligero, possiamo anche noi sostenere che il decorso generale della scienza è stato quello di venir dominata dal proprio prodotto: la tecnologia.
Allo scienziato sfugge l’elemento vivente in lui e nella natura, anche se è proprio attraverso questo elemento vivente che può conoscere i fenomeni. Allo scienziato, materialista e tecnologo, sfugge la forza formatrice dei concetti.
Così quando uno scienziato enuncia “cellula vivente” allude ad una entità che esiste fisicamente, ma in realtà vorrebbe riferirsi al suo potere di vita, che per lui però può essere soltanto un concetto astratto e non una percezione.
La ricerca scientifica tecnologica e materialista risulta da un attanagliamento della coscienza umana del ricercatore da parte della fisicità, prodotta dalle forze stesse della coscienza, che si esplicano nella conoscenza dei valori fisici, evitando di conoscere sé medesime.
Il ricercatore evita di conoscere la propria forza, potenziando invece con essa un mondo esteriore a lui opposto e su di lui affermantesi.

Lo scienziato accede alle categorie fisiche, ma non entra nel segreto della loro manifestazione, perché non riesce a realizzare in sé il loro principio.
L’esperienza scientifico-tecnologica diventa una forma di sonnambulismo matematicamente regolato, che procede al di fuori della correlazione della coscienza con le forze che l’hanno suscitata.
Non va oltre la “superficie” misurabile del fenomeno, procedendo soltanto mediante equivalenze numeriche della fenomenologia percepita con i sensi, che però rimane astratta, in quanto avulsa dalla correlazione interiore insita nel percepire.

Penetrare la profondità è possibile soltanto se si riesce ad accedere, mediante un rigoroso lavoro su di sé, a livelli di coscienza più elevati. Questa ascesa equivale ad un discendere, ad un entrare nel segreto delle forze che reggono la corporeità e la natura, nel suo sviluppo evolutivo e vivente.
Una Scienza potrà allora divenire veramente Scienza Integrale solo se:

  1. non esiterà a prendere in considerazione aspetti della realtà non direttamente percepibili dai sensi fisici, ma ipotizzerà, senza false riserve e preconcetti, la presenza di campi non solamente fisico-energetici, ma di un vuoto sub-quantistico, morfoforetico e generatore dei fenomeni;
  2. non esiterà a rivisitare, senza dogmatismi, tutto ciò che l’uomo ha scoperto e studiato nelle diverse epoche e nelle diverse culture, abbandonando la presunzione, che conduce a credere che solo oggi esista una vera scienza, mentre nel passato esisteva solo barbarie animista;
  3. non esiterà a considerare, nello studio dei fenomeni, fondamentale il ruolo dell’osservatore e del pensiero, con cui percepisce, comprende e codifica.

Se tale sarà lo sviluppo della scienza in un futuro prossimo, si potrà sperare di giungere a comprendere le possibilità della coscienza umana, si potrà percepire il vivente e si potrà allora procedere coscientemente sulla via dell’evoluzione.
        

FDA

Accademia Kremmerziana Patavina