"La Porta Ermetica" e la scienza moderna

«LA PORTA ERMETICA»E LA SCIENZA MODERNA

1. «La Porta Ermetica» e il metodo scientifico
Il Kremmerz sottolinea più volte, nella sua opera La Porta Ermetica, che il metodo di studio della Scienza Ermetica deve essere scientifico, intendendo con questo termine che ogni fenomeno descritto deve essere sperimentato e messo alla prova, prima che si possa trarre una teoria o accettare un dogma.
Addirittura agli giunge ad affermare che bisogna credere solo a se stessi. Si viene così a delineare un metodo scientifico più rigido di quello normalmente applicato dalla scienza ufficiale, perché il Kremmerz sottolinea la necessità che la sperimentazione deve essere fatta da ogni singolo uomo su di sé, allontanandosi da certi scienziati «mistici», che si appoggiano quasi fideisticamente sull’autorità dei capiscuola.
E’ con questo spirito scientifico che si deve ricercare la verità sepolta da secoli nei simboli dei miti e delle religioni.
il metodo kremmerziano inoltre reputa necessaria, per lo scienziato sperimentatore, la più completa neutralità durante l’applicazione del metodo scientifico. Nello scienziato non vi deve assolutamente essere «uno stato di interesse o partecipazione al risultato voluto» altrimenti «qualunque manifestazione intelligente sgorga maculata dal desiderio e falsa». Solo in questo modo, cioè quando la sperimentazione scientifica è condotta in modo neutrale, si potrà «intendere l’aspetto vero delle cose». Siamo molto lontani dal misticismo con cui spesso vengono rappresentate le antiche scienze tradizionali.
La Scuola Ermetica del Kremmerz «è metodo investigativo, è educazione, è allenamento indipendente e superiore a tutti i mondi favolosi delle religioni e delle confraternite da esse dipendenti».
Come dicevano gli alchimisti, tutto deve essere provato nel laboratorio, «nel proprio laboratorio portatile: su di sé e in sé, fuori tutte le relatività dei miti e degli altari».


2. «La Porta Ermetica», la legge del 3 e l’evoluzione
In La Porta Ermetica il Kremmerz si sofferma a lungo a spiegare il significato dei primi tre numeri e della trinità o legge del tre.
Considerando non misticamente ma scientificamente il concetto di trinità si giunge a scoprire la legge del mondo e dell’evoluzione, legge che è «una, sempre uguale e costante». Essa definisce che «un principio attivo feconda un passivo che nutrisce e accresce la forma embrionale del primo, poi la distacca e la fa vivere di vita propria».
Tale legge è stata sempre considerata fondamentale da tutta la scienza tradizionale ed è stata enunciata in diversi modi a seconda della cultura e dei tempi. Osiride agisce su Iside e genera Horus, lo Spirito Santo, proveniente dal Padre, agisce su una vergine e genera il Figlio. Dall’osservazione di ciò che accade in noi e fuori di noi possiamo vedere l’esplicazione di tale legge.
Perché una cosa esista, deve esistere il suo contrario: in chimica una sostanza potrà definirsi acida solo se potrà agire come tale e perché possa agire in tal modo sarà necessaria una sostanza contraria e complementare su cui possa esplicare la propria attività, quindi sarà necessaria una base, che a sua volta potrà essere definita tale solo se un acido agirà su di lei. In tal modo, dall’azione dell’acido sulla base si formerà un sale, una sostanza nuova, generata da due complementari, che però non risulta una miscela dei due, ma è un prodotto diverso con proprietà diverse, che non sono la somma della proprietà dell’acido e della base separati.
Questa legge vale per ogni reazione e legame chimico. A esempio, una sostanza potrà fungere da ossidante solo se vi sarà un’altra sostanza che potrà essere ossidata; solo così nascerà una nuova sostanza. I protoni attraggono gli elettroni per dar luogo agli atomi. Il maschio agisce su una femmina per dar luogo alla nascita di un figlio che compendierà il padre e la madre, ma che sarà anche un essere diverso, con potenzialità proprie derivanti dall’unione del padre e della madre.
Tutto è mosso in continuazione e a tutti i livelli da questa legge trinitaria per produrre una forma, un figlio, a grado evolutivo diverso e con diversa finalità. Per la Scienza Ermetica l’evoluzione possiede una propria finalità: ogni cosa si trasforma e si modifica secondo una propria finalità e secondo una finalità complessiva.
Questa veduta del processo evolutivo sembra in netto contrasto con la casualità connessa col sistema evolutivo ipotizzato dal Darwin. Ma la scienza ufficiale, come sempre accade, ampliando le proprie conoscenze sta giungendo a un modo di considerare l’evoluzione del tutto analogo a quanto definito nella Scienza Ermetica. E’ stato pubblicato un testo di uno dei maggiori studiosi dell’evoluzione contemporanei. Si tratta di L’evoluzione del vivente di P. P. Grassé. Grassé, che per trent’anni ha tenuto la cattedra di evoluzione alla Sorbona, riconsidera, con vero metodo scientifico, il processo evolutivo «criticando sottilmente numerose ipotesi "illegittime" presentate dai loro autori come fossero "certezze" e delineando, in tutta la loro enigmaticità, varie zone del processo evolutivo che attendono ancora una spiegazione adeguata».
Grassé, passando dalla paleontologia alla biologia molecolare, ci conduce ad alcuni punti fermi di una futura (o passata?) teoria dell’evoluzione, in cui appaiono alcune tesi che si oppongono nettamente all’ortodossia neo-darwiniana (o ultra darwiniana, come la chiama talvolta Grassè). Nella conclusione della sua opera, egli scrive: «L’evoluzione, con la sua inestricabile complessità, le sue creazioni, i suoi orientamenti, la sua storicità e, talvolta, le sue contraddizioni, non somiglia in nulla alla immagine semplificata, angusta e nell’insieme inesatta che ne delineano le teorie (…). I fisiologi hanno ampiamente dimostrato che l’essere vivente è un’entità le cui parti sono tutte solidali e che, sottoposta alle influenze ambientali, per sussistere si trova nell’obbligo di ristabilire in ogni momento il proprio equilibrio fisiologico mediante un gioco di sistemi regolatori adatti alle circostanze. L’evoluzionista constata l’esattezza di questo dato classico, e anche la reazione evolutiva, profonda e intima, non si limita ad adattare l’essere vivente all’ambiente circostante, ma impegna la sua linea filetica verso la realizzazione di un certo piano di organizzazione.
Non è questa un’opinione impregnata di una spiritualità che fa inorridire certi biologi, ma un fatto banale che la paleontologia conferma in modo lampante. (…). Gli sforzi congiunti della paleontologia e della biologia molecolare, quest’ultima sbarazzata dei suoi dogmi, dovrebbero sfociare nella scoperta del meccanismo esatto dell’evoluzione, senza forse rivelarci le cause dell’orientamento delle linee evolutive, della finalità delle strutture, delle funzioni, dei cicli vitali. E’ possibile che, in questo campo, la biologia, impotente, ceda la parola alla metafisica».
Anche la scienza ufficiale sta quindi orientandosi verso la conclusione che l’evoluzione ha un meccanismo ben preciso e una finalità.
E allora, se si giunge a comprendere il meccanismo e la legge seguita dal processo evolutivo e se si comprende la propria finalità, perché l’uomo non potrebbe accelerare tale processo evolutivo con metodo scientifico? Questo è quanto il Kremmerz e la Scienza Ermetica pongono come obiettivo che l’uomo deve impegnarsi a raggiungere in se stesso; il compito è la «integrazione dei poteri umani, cioè la divinizzazione della bestia uomo». O meglio: «l’iniziatura a una scienza integrativa non è a confondersi con le teosofie e le religioni che vogliono mutare l’uomo in un angelo che suona il liuto innanzi il trono divino; ma più modestamente aspira a che la bestia intelligente uomo si sviluppi fino alla purezza dei suoi poteri, sovrano del suo destino e libero e giusto padrone delle forze latenti e note che natura gli ha dato».
Dall’antica magia di scuola «scaturisce il grande fiume delle conoscenze moderne in ogni campo d’investigazione: la fisica, la chimica, la scienza delle forze psichiche e dei poteri fantomatici degli uomini, l’ipnotismo e la suggestione come strumenti terapeutici, e sorgeranno ancora: una esatta conoscenza delle potestà latenti nell’organismo umano, complemento delle scienze biologiche, e forse l’intuizione dell’ultima evoluzione della specie».


3. «La Porta Ermetica» e la teoria della relatività
Nel capitolo X della Porta Ermetica il Kremmerz chiarisce come, nelle operazioni della mente, lo spazio e il tempo perdano la loro apparente caratteristica di assoluto per divenire relativi fino al limite di non esistere.
Per comprendere e spiegare una tale osservazione sulla relatività del tempo e dello spazio, la scienza ufficiale ha dovuto attendere la teoria della relatività di Einstein.
Dice il Kremmerz: «Mente è moto o movimento. Per comprendere che cosa ermeticamente sia il moto, non lo dovete concepire in uno spostamento da luogo a luogo. (…). La mente 1 è moto nello spazio. Lo spazio di questa sottilissima filosofia di Ermete è ambiente mentale, non ha dimensioni e comprende tutte le dimensioni, diversamente diventa sinonimo di luogo per dimensioni».
Il premio Nobel Landau descrive così la relatività dello spazio: «Spesso usiamo espressioni come su e giù. Questi concetti sono relativi o assoluti? Nel corso della storia, in epoche diverse, si sono date risposte differenti a questa domanda. Prima della scoperta della sfericità della Terra, quando si credeva che il nostro globo fosse piatto come una torta, la verticale era considerata una direzione assoluta. Si dava per dimostrato che questa direzione verticale fosse la stessa in ogni punto della superficie terrestre e quindi era perfettamente naturale parlare di un su e di un giù assoluti. Quando si dimostrò che la Terra è una sfera, nella mente degli uomini la verticale cominciò a vacillare. Infatti, se la Terra è una sfera, la direzione della verticale dipende in modo decisivo dal punto di vista della superficie terrestre dal quale è tracciata. Così questo concetto da assoluto è diventato relativo. Oggi tutto questo a noi sembra ovvio e indiscutibile. Ma la storia ci insegna che nel passato non fu così facile comprendere la relatività di concetti come su e giù. La tendenza ad attribuire un significato assoluto ai concetti rimane infatti fino a che la loro natura relativa non appare evidente dall’esperienza quotidiana».
La teoria della relatività di Einstein giunge poi a dimostrare che non solo lo spazio è un concetto relativo, ma che lo è pure il tempo.
Questa relatività del tempo è già più difficile da comprendere intuitivamente di quanto non sia il comprendere la relatività dello spazio. «Il tempo ha subíto la stessa sorte dello spazio! L’espressione "nel medesimo istante" si è rivelata altrettanto priva di significato quanto quella "nel medesimo luogo"».
A questa conclusione si arriva considerando fenomeni che avvengano alla velocità della luce, considerata come massimo invariabile. E non dobbiamo dimenticare che la luce è energia, è vibrazione (E = hv), come pure il pensiero. Ma allora sarà possibile per il pensiero-vibrazione avere un moto che prescinde dal luogo e si compie in uno spazio senza dimensioni, nella stessa sfera di esplicazione della mente divina, o legge universale? E inoltre, dice il Kremmerz, «se concepite lo spazio del moto mentale senza dimensioni, e il moto fuori del luogo, il tempo nelle operazioni della mente non esiste».


4. «La Porta Ermetica» e la relatività complessa
In La Porta Ermetica il Kremmerz definisce l’astrale come «il cielo non lucente, dove tutto ciò che fu è conservato, è evocabile e realizzabile». Questa zona, in cui le informazioni si accumulano e si ordinano, è presente in tutta la materia e la scienza ufficiale moderna, con gli studi di Charon, è riuscita a individuarla all’interno della materia pesante ed è riuscita a descriverne le proprietà.
Jean-Emile Charon, nel corso degli anni 1975-76 ha «potuto dimostrare che alcune particelle elementari, tra cui certe particelle stabili (ossia a durata praticamente infinita) contenevano, come avvolto in un guscio di materia, un nuovo spazio-tempo, diverso dallo spazio-tempo che noi siamo abituati a considerare». Questa zona contenuta nella materia è come se fosse «uno spazio in cui le cose vanno all’opposto: in questo spazio la quantità di informazioni immagazzinate non può che crescere». In questa zona della materia quindi l’entropia, contrariamente a quanto enunciato dal secondo principio della termodinamica, non fa che diminuire (cioè, aumenta continuamente il contenuto informazionale e l’ordine); tutto ciò è in contrasto con quanto avviene nello spazio-tempo ordinario della materia pesante, dove l’entropia deve sempre aumentare. Il tempo particolare di questo spazio «riporta quindi continuamente gli avvenimenti passati nell’istante presente, mettendoli a nostra disposizione per farne un atto di memoria del passato».
In questa zona, definita astrale dalla Scienza Ermetica, e individuata dagli studi di Charon e che si rivela analoga ai buchi neri che si ritrovano nello spazio, l’ordine si accresce continuamente, aumentando così i contenuti informazionali. E’ il caos che diventa kosmos. Considerando tale zona, si può anche comprendere il concetto di immortalità. Infatti, in questo «buco nero», in questo «astrale» (cioè, senza luce, nero), tutto è conservato e ordinato, indipendentemente da quanto può avvenire alla forma fisica che lo racchiude.


5. «La Porta Ermetica» e la matematica del transfinito
In La Porta Ermetica il Kremmerz sottolinea più volte uno dei concetti basilari della Scienza Ermetica. L’infinitamente grande è analogo all’infinitamente piccolo.
«L’infinitamente grande sintesi è come la piccola sintesi umana». La parte, dunque, risulterebbe analoga al tutto. Ma come può una parte essere analoga al tutto? Come può avere le stesse potenzialità del tutto?
La matematica è riuscita a dare una spiegazione razionale a tali apparenti contraddizioni. Il matematico tedesco Georg Cantor (1845-1918) elaborò una teoria matematica che tratta i problemi concernenti l’infinito. In questa matematica, detta del «transfinito» una parte di un insieme potenzialmente infinito si dimostra essere anch’essa potenzialmente infinita, come l’insieme di cui fa parte. Per questo studio Cantor utilizzò una nuova quantità matematica che chiamò ALEPH e che indicò con la lettera ebraica א. E’ notevole che per simbolo matematico sia stata scelta la prima lettera dell’alfabeto ebraico, piena di significati simbolici esoterici. L’aleph, con le sue due «braccia», indica l’alto e il basso, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, che in questa matematica si incontrano e divengono una cosa sola. Aleph, prima lettera dell’alfabeto ebraico, indica anche il numero 1, con lo stesso significato cabalistico che a questo numero attribuisce Kremmerz in La Porta Ermetica. «1 è il principio dell’infinitamente piccolo, e dell’infinitamente grande, due cose cui la concezione umana non arriva. E’ il complesso di tutte le sintesi o la sintesi complessiva in sé: è il valore numerico di tutto ciò che esiste».
Due matematici polacchi, Banach e Tarski, hanno tratto dalla matematica del transfinito delle applicazioni logiche sconcertanti per la mentalità comune. Essi dimostrano che, prendendo una sfera di dimensioni paragonabili a una mela o a una palla da tennis, è possibile eseguire su di essa dei particolari tagli che permettono di formare delle fette in modo che si ottenga una sfera minore di un atomo o una sfera maggiore del sole. La tecnica non può fisicamente effettuare tali tagli, perché si dovrebbero seguire delle superfici speciali senza piano tangente (analoghe a quelle che si verificano nelle traiettorie delle particelle subnucleari), ma tale operazione è teoricamente dimostrabile e accettabile.
In un punto transfinito la nostra mente potrebbe quindi comprendere simultaneamente tutta la continuità spazio-tempo, dall’interno del nucleo alla stella più distante.
Lo studio del transfinito in questo tipo di matematica dimostra come la mente umana possa giungere a livelli sempre più alti di astrazione, fino a gradi in cui non può esistere alcuna divisione di spazio e di tempo, dove tutto diventa UNO e dove tutto è potenzialmente compreso, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo.
Ed ecco che la matematica del transfinito incontra la Tavola di Smeraldo di Ermete: «Ciò che è in basso è simile a ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per compiere il miracolo della Cosa-Una».


6. «La Porta Ermetica» e la meccanica quantistica
Fin dai tempi passati il problema della conoscenza, cioè la metodica utilizzata per studiare e conoscere la realtà, è stato affrontato in due modi opposti. La scienza cosiddetta ufficiale è sempre partita dallo studio dei fenomeni particolari per poi giungere a descrizioni e leggi sempre più generali, che potessero abbracciare e descrivere una gamma sempre maggiore di avvenimenti. In tal modo ha sempre utilizzato un metodo analitico, che se da un lato portava alla ricerca di leggi più generali, dall’altro portava a una sempre maggiore specializzazione. Inoltre, un’altra fondamentale caratteristica di tale scienza ufficiale è sempre stata quella di considerare i fenomeni e gli oggetti della realtà come qualcosa di completamente estraneo all’osservatore stesso, con una loro esistenza indipendente dall’osservazione.
La scienza ermetica è, invece, sintetica; cioè parte dalla considerazione che l’Universo è unico e che i diversi fenomeni sono l’esplicazione diversificata di un’unica legge generale. Inoltre, poiché l’osservatore è parte di questo universo e deve sottostare alla stessa legge generale, diventa esso stesso parte integrante del fenomeno che diviene strettamente legato, se non addirittura «creato, all’osservazione».
In La Porta Ermetica il Kremmerz scrive: «Ogni esperienza deve essere fatta sull’uomo: non su di un uomo, ma su di voi stessi». Ognuno deve scoprire e sperimentare la realtà della quale egli è parte integrante. Egli pone il problema se l’individualità intellettiva dell’uomo, che studia la realtà, è il risultato delle sensazioni che gli giungono o se è qualcosa di indipendente che, al limite, può «creare la realtà». «Quindi la nostra individualità morale e intellettiva partorita dal cervello», scrive il Kremmerz, «è la mente: dea Minerva dal cerebro di Giove. Questa bella dea è il risultato specifico delle idee che arrivano al cervello per mezzo delle sensazioni? O è indipendente da queste e sopravvive al corpo fisico?».
Tale radicale diversità metodologica sembrava dividere e contrapporre i due tipi di scienza.
Con le scoperte abbastanza recenti della meccanica quantistica, la scienza ufficiale moderna si sta ora avvicinando alla concezione ermetica. Esaminiamo alcuni passi tratti da un testo (Universi possibili) del fisico inglese Paul C. W. Davies, che spiegano in modo molto semplice alcune conseguenze derivanti dalle teorie della meccanica quantistica. Egli scrive: «Tutte queste ricerche della meccanica quantistica presentano la realtà, per quel che il termine può significare, non come una proprietà intrinseca del mondo esterno, ma come intimamente collegata alla percezione che ne abbiamo, alla nostra presenza in quanto osservatori coscienti. E’ forse proprio questa la conclusione che ha il peso maggiore nella rivoluzione quantistica perché, a differenza di tutte le precedenti rivoluzioni scientifiche, che avevano successivamente ridotto l’umanità da centro dell’universo a semplice spettatore del dramma cosmico, la teoria quantistica riporta l’osservatore al centro della scena. Alcuni eminenti scienziati si sono spinti fino a dichiarare che la teoria quantistica ha risolto l’enigma del rapporto tra mente e mondo materiale, asserendo che l’ingresso dell’informazione nella coscienza dell’osservatore è il passo fondamentale per il costituirsi della realtà. Un’idea che, portata alle estreme conseguenze, implicherebbe che l’universo acquisisca un’esistenza concreta soltanto in conseguenza dell’essere percepito, che esso sia creato dai suoi stessi abitanti!».
In tal modo è l’osservatore stesso che creerebbe e condizionerebbe la realtà a essere mediante la sua percezione. L’uomo diverrebbe così inestricabilmente legato a tutto il resto dell’universo, che qualunque osservazione egli faccia sulla realtà che lo circonda, per il solo motivo di essere fatta, modifica e al limite crea la realtà stessa. In tal modo si può comprendere cosa significa unità dell’universo.
Paul Davies scrive: «Se non fosse per il fatto che un qualche fenomeno imputabile a Giove deve avere avuto, dopo tutto, un effetto rilevabile, non avremmo mai nemmeno saputo che Giove esiste. Non si può sfuggire alla conclusione che ogni osservazione richiede una interazione di qualche sorta … Perfino in linea di principio non possiamo mai osservare le cose, bensì soltanto l’interazione tra cose. Niente può essere visto isolatamente, perché lo stesso atto di osservare implica l’instaurarsi di una qualche forma di accoppiamento».
E’ con la nostra stessa osservazione che noi, parte integrante dell’universo, «formiamo» la «realtà» che osserviamo.
«Fino a che non sottoponiamo il mondo a una ben precisa osservazione», continua Davies, «non ha senso attribuirgli una realtà definita (e nemmeno varianti di questa), in quanto non è che una sovrapposizione di universi diversi. Niels Bohr, uno dei fondatori della teoria quantistica, disse che vi sono limiti fondamentali, che si incontrano nella fisica atomica, all’esistenza oggettiva di fenomeni, indipendenti dai mezzi con cui li osserviamo. Soltanto a osservazione compiuta questo stato schizofrenico si assesta in qualcosa che è, in qualche senso, reale (…). Adesso possiamo capire cosa si intenda dicendo che il coinvolgimento dell’osservatore nella sua propria realtà è qualcosa di molto più profondo di quanto non lo sia nell’immagine newtoniana classica dell’universo, nella quale l’osservatore è immerso nella realtà, ma solo come automa le cui azioni sono completamente determinate dalle leggi della meccanica. Nella versione quantistica sussiste un indeterminato intrinseco; la realtà particolare appare solo nel contesto di un tipo particolare di misurazione o osservazione».
Ancora una volta la scienza ermetica, con il suo metodo di investigare e conoscere la realtà, ha preceduto le conclusioni cui la scienza ufficiale moderna sta lentamente arrivando.

 

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