Viaggio nell'amenti
Null'altro che una tenebra  silente avvolgeva lo sguardo suo, immobile e serrato nella cripta senza luce,  senza suono, senza respiro umano. Massicce mura di pietra senza finestre né  aria circondavano il sarcofago mentre attraversava l'Amenti, il regno dei morti  dove solo la barca dei milioni di anni osava addentrarsi, guidata da Ra  e dagli Akhu, i Glorificati rigenerati nella luce dell'intelletto.
  Cosa fosse quella luce, nella  prima grande prova, egli non comprendeva.
  Attendeva.
Attendeva da innumerevoli secoli,  ma l’ignorava. La sua anima era stata toccata dal gelido inverno, e  raggomitolata in se stessa aveva dormito un sonno di morte, il sonno del seme  nella terra arata. Racchiuso nel suo bozzolo, una lunga gestazione aveva tolto  ai suoi occhi la luce del giorno, come un viaggio nelle caverne situate nelle  profondità della terra. Ma d’un tratto il risveglio si fece strada, indefinito  come l’istante in cui il dormiveglia segue il sonno profondo e lascia il passo  alla realtà.
  Un lungo viaggio nella sostanza  balenò davanti al suo intimo sguardo: milioni di anni, migliaia di vite. Non  altro che una visione indistinta, immateriale, indecifrabile era il senso  d'antico che ripiegava le ali sconfinate sul corpo, per la prima volta svelando  la sua misteriosa immensità... tremando, i sensi accolsero il cerchio del  tempo, l'età dell'uomo che visse da sempre.
  Nessun lamento levò l'anima  sfibrata da migliaia di nascite, di prime parole, di nuovi corpi: nessun  sentimento è stato inventato dagli uomini per descrivere la rimembranza  atavica, l'amaro veleno. Egli bevve senza capire il turbine informe, le età  dell'anima, l'eterno ritorno nella carne. Le sfere del dubbio, del dolore e del  terrore s'erano schiuse ai suoi occhi nella notte eterna e ora solo una muta essenza,  rischiarata dal suo stesso moto, come un fiume oscuro avvolgeva l'anima e il  corpo.
  La pace e l’abbandono finalmente  venivano, come onde su un mare oscuro, a lavare il patimento di esistenze impregnate  dal vapore denso della materia. Le correnti impetuose infine scorgevano sponde  serene, la barca dei milioni di anni vide la luce oltre le caverne. Egli  bevve la pace e trovò muto ristoro nella marea del tempo. Ma nella notte scura  nessuna voce lo consolava, nessun dio vide avvicinarsi alla sua simbolica tomba  per accoglierlo nella luce radiosa, per dargli l'ambrosia che avrebbe guarito  la ferita di epoche incessanti scivolate sulla sua pelle.
  Solo, egli comprese che il senso  del risveglio era dare uno scopo all'uomo, non trovare il volere di Dio. In  quella tomba, nessuna visione celestiale appariva, nessuna presenza fremeva,  nessun essere onnipotente ed estraneo a lui l'avrebbe trasmutato da uomo a  Iniziato. Ed egli seppe che quel compito non spettava a un idolo, ma a lui  stesso: a quel lampo d'intuizione ecco Lucifero, la Stella del Mattino,  apparire splendente nella luce della sua mente. La virtù di colui che volle  esser simile alla Prima Virtù era maledetta dagli uomini dall'inizio dei tempi:  essi lo relegarono all'inferno, e Prometeo lo incatenarono per l'eternità. Ma  in quell'istante a lui parve il salvatore della sua immensa solitudine,  glorioso nello splendore purissimo di un coraggio sovraumano, la bellezza sfolgorante  della perfezione rapita ai cieli da Colui che aveva osato, la più lucente  Stella del firmamento condannata dagli uomini, ma non dagli immortali.
  Come un bagliore nella notte  risuonava l’Alleanza dell’uomo con il suo Nume, il perfetto Amore, l’antico Patto.  Perché l’uomo libera il suo dio ed egli rende immortale l’uomo, e nel loro  matrimonio essi diventano un Creatore.
  Ed ecco, a quel pensiero gli  occhi pesanti del sonno di mille vite si aprirono ancora una volta sul mondo.  Non più materia inerte, non più la pesantezza dell’illusione. Uscì dal regno  notturno, intriso di immagini di se stesso, senza più la tristezza di essersi  svegliato ancora una volta sulla terra fisica, con una nostalgia pesante del  mondo delle Cause, chiuso per sempre ai suoi occhi. No, il risveglio non era  più questo, non era più il pianto della nascita che per tante esistenze l’aveva  accompagnato. La quiete che gli era parso di bere s’era espansa, senza che  quasi lui se ne avvedesse, e il suo lento distillare aveva dato vita a una  nuova visione: la materia vibrava; il mondo era vivo. Ea aveva soffiato sull’argilla  inerte e l’uomo aveva preso vita. 
  Si svegliò inspirando la luce del  mondo e la sentì nutrire l’aria che avvolgeva il suo corpo, l’aria che era  dentro il suo corpo, e si sentì parte di questo mondo, così pesante se non si è  leggeri, così buio se una luce non lo illumina. Nel respiro di Ea, che entrava  in lui in eterno ciclo amoroso, aprì gli occhi nel suo sarcofago l’aspirante  della Luce. Intorno a lui, i Sacerdoti incappucciati scoprirono il volto, e  quel giorno iniziò il suo Cammino.
Iehuiah
Accademia Kremmerziana Patavina