Sole e Luna


- ovvero come Ermete conquista il sorriso di Venere -

“Il Sole ne è il Padre, la Luna la Madre,
il Vento l’ha portato nel suo grembo e la Terra è la sua Nutrice”
  Ermete

Quando il Sole sorge aureo, incanta le acque e nel silenzio splende… e pure non basta.
Solo Egli È, nel tempo senza respiro, accecato dal suo splendore, accaldato dal suo bruciare, quieto e immobile nella sua pace… una piccola stella persa nell’Universo, tra spasimanti pianeti a farle corona girandole intorno in eterne ellissi come a volerla abbracciare, costretti a una geometria inesorabile. Senza mai poterlo sfiorare o sarebbe per loro la fine. Eppure la sua Luce attrae irresistibilmente e da ogni sfera si leva l’anelito, la nostalgia della prima fonte, in un canto dolcissimo: solitaria dietro lo specchio un'alba tinge d'oro corde di violino tremanti ed il viandante che ode il richiamo si mette in cammino verso il luogo del non-ritorno, perché mai in ogni tempo vi si allontanò: ecco la grande bugia. Tu che ti credi esiliato, hai solo scordato la tua stessa Fonte.
Dalla vetta altissima, la coscienza si culla nel luogo d’origine e ogni istante irradia dolcezza senza forma. Pura sostanza si espande nel liquido senso d’esistere e i frammenti dispersi d’Osiride, qui nel reame di Seth, spasimano per l’intima unione che nel più profondo dell’essere loro rammentano: ricordo d’una vibrazione da cui furono separati precipitando nelle sfere della carne; memoria che mai tace, perché un filo invisibile ancora li lega alla Casa lontana ed essi anelano a ritornarvi.
Questa Terra non è un luogo senza uscita, un labirinto d’incarnazioni: la coscienza smembrata dà l’illusione della separazione, eppure noi siamo completi. Ecco la grande bugia.
Ma in ogni tempo una strada s’è dipanata attraverso i secoli e in ogni tempo gli Uomini l’hanno percorsa. Questa è la via degli Antichi, corona splendente sul capo del firmamento, intima unione che spezza la barriera della carne e ritrova l’Unità originaria. Il modo in cui fu apostrofata e raffigurata quest’Arte contiene un ambiguo richiamo all’uomo e alla donna, ma tu bada bene di non cadere nel tranello degli ottusi e degli stolti: ricorda invece che “uno è il vaso, una la materia, una l’operazione”, e chi non comprende questo assunto è ben stretto nel giogo d’una spirale discendente da cui non si fa ritorno, perché Venere senza Ermete è feconda in terra ma non in cielo e soltanto verso la terra trascina gli stolti.
Immagina le acque di un lago. Una parte di esse, la più torbida, si mescola al fango del suolo (ecco dove alcuni vorrebbero credere di poter operare la trasformazione); ma un altro strato d’acqua, situato in un luogo più elevato, è limpido, rischiarato dalla luce del sole, agitato dal vento. Dove ti trovi in questo momento? Sei trascinato dalle correnti sotterranee, a cui non puoi opporti, e la tua vista è appannata dalla terra? Non muovere un passo in avanti, allora, ma dirigiti verso l’alto.
In te, uomo dormiente, si agitano due forze contrapposte. Puoi chiamarle bene e male, luce e tenebre, Ob e Od, o come più ti aggrada. Qualcuno narra che, quando San Giorgio trafisse il drago, il suo sangue si presentò come una duplice corrente: alcune gocce portavano la vita, altre la morte. Ogni giorno tu sei trascinato dalla spinta di un lato o dell’altro della bilancia: un giorno sei innamorato e il mondo ti pare un nuovo Eden; tutto risplende, i fiori protendono i petali alle carezze di vento. Ma basta un istante: con la stessa facilità con cui fosti trascinato verso la bellezza, ecco ergersi le sirene che contemplavi e mostrarsi nelle terribili sembianze di mostri marini… il mondo si trasforma in una prigione e si leva il tuo pianto d’orrore. Dov’è finita tutta quella bellezza, piccolo uomo? Sei forse tu che non sai più vederla, o non era che illusione?
Quelle correnti, puoi capirlo da te, non sono che le due facce di Giano, i due punti opposti e inconciliabili del braccio orizzontale della croce, eppure in essi non troverai alcun arcano, così come non troverai il perno della bilancia in nessun luogo della terra, e a nulla varrebbe sperare di trovarlo in un altro essere. Esiste però un centro in ogni croce, dove finalmente gli opposti si conciliano e la Sintesi viene generata, un ordine ove prima era il caos. Questo baricentro è dato dall’incontro del braccio orizzontale col verticale. Solo in quel punto può nascere la Rosa dalla Croce. Ecco, dunque, la verga di Mosé come braccio verticale della croce. E non intendere ciò che non ho detto.
Ecco dunque il vero Re, risvegliato dalla danza che si eleva fino a sfiorarlo, unirsi alla Sposa ridignificata (ri-d’ignificata, cioè lavata col fuoco per essere resa nuovamente pura) e riversarsi in Lei nella pienezza della sua luce. I loro veri volti soltanto il più intrepido ricercatore saprà nominare. Per Lui, Lei sola. Per Lei, un solo Re.
Di epoca in epoca, il patto delle nozze sacre è sigillato in splendida forma, candido e puro come la neve, non violato dal veleno delle passioni che fanno ardere tutto il combustibile in poche ore, consumando senza nulla creare. Bada: fare diversamente è profanare il santuario, la cui Soglia si schiude una sola volta, e chi fu cacciato non potrà ritornarvi.
Nella tensione Amorosa portata all’eccesso, nella sintesi vibrante di Re e Regina in sottile unione sciogliendosi, impercettibile il tempo si spezza ed essi volteggiano sopra le Acque, dimorando l’uno nell’altra come respiri avvinghiati, serpenti innamorati su un ramo. Guardali: essi muoiono l’uno tra le braccia dell’altra e diventano un’Unica Cosa. Specchiandosi nel riflesso dei suoi stessi pensieri, l’occhio umano scopre allora che tutto ciò che ha visto negli anni era immagine acquerellata dai contorni sbiaditi. Egli sembra morire di dolore quando le illusioni mostrano le loro vere fattezze, ma presto scopre che non è morto: è Vivo. Audace lo sguardo si posa oltre il velo della vita vissuta: passato e futuro, preveggenza e ricordo. Irreale dipanarsi del tempo nell’eterno unico istante.
Ardente Egli penetra le sfere di stelle in eterno ritorno.
Ecco che internamente si schiudono i petali duplici dell’Adamo primevo: “i semi del loto racchiudono in essi delle piante minuscole allo stato perfetto, esse si generano da sole, sorgendo dall’acqua.” (Il mistero di Iside, Hermetic Brotherhood of Luxor).
Ecco la divina Iside in forma di nibbio posarsi sul corpo d’Osiride, dopo averne ritrovati tredici frammenti: il fallo inghiottito dal pesce non è più fisico ma divino, rigenerato dal limo del Nilo.
Infatti, il mito racconta che Horus nasceva anteriormente alla stessa divisione di Iside e Osiride, dalla loro sostanza comune: “generato e non creato”, come Eros che fu detto “il più vecchio degli Dei”. Due sono infatti le nascite a cui sono soggetti gli esseri: la gestazione occulta e la manifestazione.
Ecco Shakti danzare sulla pira di Shiva per risvegliare lo Sposo e ritrovare il Tempo perduto della perfetta unione.
Ecco Maria, la Sposa del Sole, divenire lo Spirito Santo per partorire il mistero di Cristo.
Così il Sole eterno e l’infero rettificato, in nozze regali discendono in Terra per farne la casa di Horus, l’erede del Dio.
Così come Iside, prima di giacere col suo Sposo, ricerca i frammenti perduti del suo corpo per ricostituirne la forma smembrata da Seth, l’Uomo-Creatore dal Caos trae la sua originaria conformazione, come Demiurgo e celeste Padre di sé, per ricongiungersi al Nume.
Allora in un unico corpo, in un unico essere i principi si fondono per fare della Terra l’Eden perduto. In perfetta androginia (Ermete + Afrodite = Ermafrodito) l’Uomo risveglia la forza creatrice e in parto occulto diviene creatore e creatura, così come fu ed è quell’Unico dal quale prende sembianza ed essenza.
E riversando se stesso nella creazione, moltiplicandosi e proiettandosi nella materia, dandole ordine in armonia perfetta l’Uomo diviene Artefice: “Grande Neith, la Madre di Ra, che partorì prima che fosse generato il partorire”. Il Seme, primo principio proveniente dall’ordine ormai realizzato, proiettato nella Matrice, viene da essa accolto e nutrito, accresciuto e formato per dare vita al Verbo primevo. Così tutte le cose dall’Uno discendono in innumerevoli adattamenti.

Iehuiah

Accademia Kremmerziana Patavina