La monaca

Un vecchia monaca pregava ogni giorno. Si era dedicata per tutta la vita alla sua ricerca spirituale, aveva cercato Dio in ogni dove, e in ogni dove aveva creduto di trovarlo: nella natura e nelle stagioni, nel sole e nella luna, nelle piante, negli animali, negli alberi, negli uomini. La Sua presenza riempiva ogni cosa ai suoi occhi. Aveva studiato polverosi tomi di teologia e di filosofia, e aveva amato quelle riflessioni profonde. Ogni suo gesto era permeato d’amore, e tutte le sue consorelle avevano stima di lei. Poteva dirsi serena riguardo le sue scelte.
Eppure un giorno l’inquietudine la colse: un frammento le era sfuggito. E si trattava di un frammento di vitale importanza. Si accorse che alla sua ricerca mancava qualcosa. Da quel mattino in avanti il lavoro nell’orto, il lavoro in cucina e le preghiere divennero istanti di lotta, perché la vecchia monaca si rendeva conto della sua visione misera e inadeguata della Via, della vita e di se stessa; le erano chiare infinitesimali sfumature che prima le sfuggivano: sfumature di se stessa e del mondo che mai, prima d’allora, aveva percepito.
Passarono due mesi. Sempre più malvolentieri lavorava e pregava, sentendo sempre più vuoti e superficiali i suoi gesti. La sua fede attraversò una crisi che mai prima d’allora l’aveva colta: aveva creduto che mai e poi mai la sua fede avrebbe vacillato. Pensò d’andarsene dal convento e tornare nel mondo, perché forse portare nel mondo ciò che aveva trovato era il frammento mancante. Si dedicò anima e corpo a volumi vecchi e polverosi e studiò le vite dei grandi santi, si appassionò alla lettura come mai prima d’allora, cercando il frammento mancante. Eppure non trovò altro che ragione e intelletto. Guardò nuovamente la natura, scorgendo la presenza di Dio, ma neppure questo bastò a riempire il suo vuoto. Provava soltanto un’infinita frustrazione.
Si disse che, probabilmente, aveva sbagliato tutto: Dio era in ogni cosa, ma era a lei inaccessibile. Aveva votato a Lui la sua vita, ma Lui non l’aveva voluta. Si era mostrato a lei nel mondo, ma mai l’aveva riempita della Sua presenza. Mai le aveva concesso, sia pure per un solo istante, d’essere una sola cosa con Lui. Smise di prendere parte all’eucaristia e se ne andò dalla cappella durante la messa. La sera gettò il libro delle preghiere sul pavimento. Gesti che un tempo aveva compiuto con sacralità avevano perduto il valore che ciecamente aveva loro attribuito: la sua fede era scomparsa.
Silenzio. Aveva bisogno di silenzio. Forse avrebbe pianto. Forse avrebbe gridato, ma ormai non le rimaneva altro da fare. Quel giorno meditò nella sua cella. Aveva tappato ogni fessura da cui potesse passare la luce. Il silenzio e il buio riempivano la stanza. Chiuse gli occhi, perché non c’era altro che potesse fare: voleva tacere.
Senza alcuno sforzo da parte sua la mente tacque, e le parve strano. Osservò il vuoto dinnanzi ai suoi occhi, ma non era vuoto: era pieno. Com’era giunta lì non lo sapeva. Era soltanto accaduto.
Quel giorno, Dio venne a lei e le fece il dono più grande che la vecchia monaca potesse immaginare: le tagliò la lingua. Il suo corpo taceva. Le emozioni tacevano. La bocca taceva. Gli occhi tacevano. La mente taceva. E la vecchia monaca comprese.
Si alzò dal suo letto con una gratitudine immensa. Non fece nulla di particolare: non gridò, non rise, non pregò, non accese ceri. Camminò lungo il corridoio fino al refettorio, perché era ora di apparecchiare la tavola.
“Sorella, cosa ti è successo? I tuoi occhi emanano luce.” le chiese una vecchia amica.
“Un giorno chiesi a Dio di conoscere, e Lui mi tagliò la lingua: quando smisi di parlare, potei udire.”
“E cosa hai udito, Sorella?”
“Ormai, Sorella, non posso più raccontarlo. Ma se vuoi davvero conoscere, prega Dio che ti tagli la lingua.”

Iehuiah