Un figliol prodigo

Leggete la parabola del figliuol prodigo.
Avviene, e lo so per esperienza, tra maestro e discepolo. Il figliolo prende la sostanza del padre e va lontano a sciuparla in bagordi; egli si illude di trovare dovunque quello che ha avuto dal padre.
Un bel mattino, quando il sapiente improvvisato meno se lo vuol confessare, il prodigo deve convincersi che egli è men che niente, che il piccolo patrimonio è distrutto, che tutto è caduto intorno a lui.
La Luce o una Luce si affaccia nell’anima del discepolo e gli dice studia, intendi, opera, ama. Nello studio, nell’intendimento, nell’opera, nell’amore egli deve in amplesso abbracciare tutto il mondo invisibile e il visibile.
La Luce lo sospinge per impulso verso una fonte a cui dissetarlo di verità. Egli cammina dubbioso, assaggia e dice come il Dio della Bibbia dopo la creazione dell’acqua, et vidit hoc bonum esse.
Allora la Luce lo conforta ed egli si mostra nelle acque azzurre del lago. Entra in campo la superbia dell’uomo, lo spirito della terra, che i biblici trasfigurarono nel serpente e gli ebrei cabalisti nei Samiel e nell’Astaroth, che gli sussurra insistente: tu navigherai in acque profonde e non sommergerai, e lo seduce.
Chi è che forma l’Unità mentale del Logos nell’iniziando, la Luce divina o lo spirito della terra? L’obbedienza o l’orgoglio? Lo spirito dell’Universo o l’alito della bestia?

Giuliano Kremmerz