Questioni aperte sul significato dell'androginia

Secondo la tradizione, più popolare che filologica, Eva nacque dalla costola di Adamo. In realtà, pur ammettendo che anche nello Zohar il termine ebraico צלע (tzelah) è così tradotto, è anche vero che l’interpretazione corretta può essere “fianco” o anche “lato”, ad indicare, forse, che la donna è l’immagine speculare dell’uomo. Comunque lo si voglia intendere e in linea con quanto la stessa Genesi fa dire al primo uomo e cioè che la donna è veramente carne della sua carne e osso del suo osso, non si può che ammettere tra i due un legame che fa pensare al mito dell’androgino platonico.
Vorrei riferire alcuni contenuti dello Zohar circa questo tema, chiarendone anche alcune differenze rispetto alle posizioni ermetiche e neoplatoniche.
Nel Bereshit – la sezione dello Zohar in cui si commenta il libro della Genesi – l’autore del “Libro dello Splendore” pone l’accento sulla grafia dei nomi “uomo” e “donna”. Il primo, in ebraico, si scrive איש (ish) mentre la sua controparte femminile אשה (ishà). Il cabalista spagnolo si dilunga molto sulle caratteristiche dei singoli nomi, soffermandosi, in particolare, sull’importanza delle singole lettere. Ciò che emerge immediatamente è il fatto che in entrambe le parole compare una coppia di lettere: la א (aleph) e la ש (shin). Queste due consonanti compongono la parola אש (esh) che in ebraico significa “fuoco”. Sia l’uomo che la donna, pertanto, hanno dentro di sé il fuoco, l’energia vitale che anima le proprie membra. Ma il fuoco dell’uno, ovviamente, non è uguale a quello dell’altro. Il primo infatti brucia del fuoco di י (Yod), mentre la seconda del fuoco di ה (He). Cosa ciò significhi dal punto di vista simbolico è intuitivo. Il fuoco di Yod è un fuoco attivo, volitivo, caldo ed irruente (magma vulcanico), mentre il secondo è più dolce, seppur più duraturo (fuoco di cenere). Ciò che risulta altresì evidente, però, è che ognuno dei due termini contiene dentro di sé un fuoco che è l’esatta metà del fuoco di יה (Iah), cioè del nome di Dio composto dalla Yod dell’uomo e dalla He della donna.
Come accennavo prima, comunque lo si intenda, il mito biblico ci invita a riflettere sul fatto che l’essere umano in quanto tale (ha-Adam, l’umanità) ha in sé il doppio fuoco o, se si preferisce, il doppio soffio, duplicità che, nella sua sintesi, esprime la capacità creativa di Dio stesso: da un lato la capacità di proiettare con forza un’idea seminale, dall’altro la capacità di entrare in gestazione affinché il nostro universo, cioè il nostro campo di azione, offra tutto il nutrimento necessario a quell’idea, dall’embrione fino alla sua maturità. Questa è la magia del fare.
È evidente che la conoscenza del duplice fuoco non è cosa scontata né intellettualistica, non può essere frutto di vana speculazione e secondo i rabbini – in questo distaccandosi dalla visione platonico-cristiana – non può essere realizzata senza la conoscenza (in senso biblico?) della controparte sessuale. In altri termini, per i cabalisti soltanto l’uomo che ha una donna può attirare a sé il principio femminile trascendente; lo stesso dicasi per la donna.
Non voglio soffermarmi più di tanto sulle diverse caratteristiche di polarità tra l’uno e l’altra: i libri di psicoterapia junghiana, o di ermetismo ne sono già pieni.
Mi interessa invece raccontare una versione del mito di Lilith che appresi tempo fa da un massone appartenente al Rito di Misraim:
Dio decise di manifestarsi nella dualità e così si scisse in Adamo e Lilith. Poi, rendendosi conto che queste sue due emanazioni ri-componendosi avrebbero contrapposto un dio ad un dio, decise di scindere Adamo in altre due parti: Adamo ed Eva. In questo modo la loro riunione avrebbe portato solo alla realizzazione di un semidio. Pur allontanando Lilith, però, non rese impossibile il suo possesso a chi avesse dimostrato di poterla concupire.
Certamente, questa leggenda è assai differente da quella più nota secondo la quale Lilith, creata direttamente da Dio e non tratta da Adamo, ha avuto la presunzione di giacere con l’uomo stando su di lui (evidente la simbologia), peccato per il quale dovette rifugiarsi nel Mar Rosso. Lo Zohar ci dice che da quel momento è divenuta la compagna di Samael, l’angelo della parte avversa, quasi un demonio femminile che attenta ai figli di Eva. Al di là della letteratura magica e dei diversi amuleti per proteggere i neonati, è evidente che Lilith è rappresentata come uno spirito impuro. Quest’ultima espressione vorrei la si intendesse, in questo caso, come quel particolare stato psicologico (spirito) che priva l’uomo della sua forza creativa (im-puro, cioè senza fuoco) cristallizzandolo in false convinzioni, ossessioni e blocchi che talvolta sono sintetizzabili in una certa ipertrofia dell’ego i cui esempi sono palesi a tutti. Come coniugare, dunque, le due leggende? Ritorniamo a quanto detto prima circa la natura del duplice fuoco. È evidente che la natura solare e lunare debbono trovare all’interno dello stesso individuo il loro equilibrio. Adamo ed Eva, sole e luna, in un abbraccio sincero tra energia volitiva ed immaginazione, tra razionalità ed intuito debbono diventare un tutt’uno.
È evidente che chi tende all’integrazione della propria controparte di genere si trova di fronte al difficile compito di coniugare spirito e anima, animus e anima, dimensioni soggettive ed oggettive della psiche umana che si traducono di certo in uno stato d’essere equilibrato.
Si è sicuri, però, che questo specifico stato d’essere, che si consuma ad un livello sia mentale che cardiaco, sia la meta ultima dell’androginia? Per la cabala, come già accennato, la Shekinah, la Presenza femminile di Dio, può essere attirata solo dall’uomo sposato, in particolare dalle “preghiere” della moglie – secondo quanto recita lo Zohar. In altri termini l’uomo non può limitarsi solo a concupire un’idea, o idealmente il principio femminile stesso, ma scendere (o risalire) anche al principio fisico dell’archetipo “donna”. La semplice tensione, mentale o cardiaca, verso l’immagine archetipica del femminile, come espresso nella tradizione neoplatonica rinascimentale – o prima ancora nel dolce stilnovo – è per la cabala molto lontana dalla realizzazione dell’androginia. Posso coltivare l’immagine della luna, sentirmi assorbito e poi assorbire le sue polarità, ma fintanto che la dimensione fisica non la esprimerà – cum grano salis – l’androginia sarà solo potenziale, virtuale, o… illusoria.
Lilith è lo spirito della materia che può essere concupito dall’Adam-Eva equilibrato: è la fisicità.
Per concludere queste brevi e non certo esaustive note, potremmo dire che Adamo può pensare e concettualizzare le realtà archetipiche; Eva può restituirle in immagini; soltanto Lilith, però, se rettamente bilanciata dall’Adam-Eva (altrimenti sarebbe solo un suicidio della ragione e dei propri più nobili sentimenti), nella sua fisicità e corporeità, potrà esprimere in modo vero ed autentico, come verità in atto nello hic et nunc, l’essere archetipico.

 

Q.A.D


Accademia Kremmerziana di Catania “Isi-Diana Aradia”