Dell'uomo

(dal Trattato dell’Opera Ermetica, 1758)

L’Essere Supremo rendendosi corporeo, per così dire, con la creazione del mondo, non ritenne d’aver compiuto la sua opera con così magnifiche cose: volle apporvi il sigillo della Divinità e manifestarsi con ogni perfezione con la formazione dell’uomo. A tale scopo, lo fece a sua immagine e a immagine del mondo. Gli concesse un’anima, uno spirito e un corpo: e di queste tre cose riunite in un medesimo soggetto Egli ne costituì l’umanità.

Compose detto corpo da un limo estratto dalla sostanza più pura di tutti i corpi creati. Ne tirò lo spirito da tutto quanto vi era di più perfetto nella Natura e gli diede un’anima fatta con una specie di estensione di se stesso. Così ne parla Ermete: «La Mente, o Tat, è l’essenza propria del Tutto. Perché in certa qual maniera l’essenza è l’Essere. Nondimeno quale Egli pertanto sia, questa sola lo conosce in modo assoluto. La Mente, perciò, non è separata dalla qualità dell’essenza dell’Essere Supremo, anzi è come diffusa a somiglianza dello splendore del sole. Questa Mente, inoltre, negli uomini è certamente L’Essere: a motivo di essa gli uomini sono Dei e la loro umanità confina con la divinità».
Il corpo rappresenta il mondo sublunare composto di terra e di acqua, perciò esso è composto di secco e di umido, vale a dire d’ossa, di carne e di sangue.
Lo spirito infinitamente più sottile è intermedio tra l’anima e il corpo e funziona quale legame che li unisce poiché non si possono congiungere due estremi se non con un intermedio. E’ questo che per mezzo della sua virtù ignea vivifica e mette in movimento il corpo sotto la guida dell’anima e della quale ne è il ministro che talvolta, ribelle ai comandamenti dell’anima, va dietro alle proprie tendenze. Esso rappresenta il firmamento, le parti costituenti del quale sono infinitamente più sottili di quelle della terra e dell’acqua. L’anima, infine, è l’immagine del Creatore stesso, fiaccola dell’uomo.
Il corpo ricava il suo alimento dalla più pura sostanza dei tre regni della Natura, i quali si trasformano successivamente l’uno nell’altro per far capo all’uomo il quale ne è la meta, il completamento e il compendio. Essendo stato fatto di terra e d’acqua egli non può nutrirsi che di questi elementi per poi dissolversi in essi.
Lo spirito si nutre dello spirito dell’Universo e della quintessenza di quanto lo costituisce, poiché da questo è stato fatto: l’anima dell’uomo si sostenta con la luce divina dalla quale trae la sua origine.
La conservazione del corpo è affidata allo spirito. Esso elabora gli alimenti grezzi che prendiamo dai vegetali e dagli animali nelle diverse trasformazioni che si svolgono nell’interno del corpo. Vi separa il puro dall’impuro, custodisce e distribuisce nei differenti vasi la quintessenza analoga a quella dalla quale il corpo è stato fatto sia per accrescerne il volume sia per alimentarla: espelle e rigetta l’impuro e l’eterogeneo per le vie destinate a tale funzione.
E’ questo spirito il vero archeo della Natura, che Van Helmont suppose situato all’orifizio dello stomaco ma del quale sembrerebbe non ne abbia avuto una idea netta poiché ne ha parlato in maniera così confusa da essersi reso quasi inintelligibile
Quest’archeo è un principio igneo, principio di calore di movimento e di vita che anima il corpo e conserva la maniera d’essere dello stesso per quel tempo che la fragilità dei suoi organi lo consenta. Esso si nutre di principi analoghi a se stesso che assorbe incessantemente con la respirazione: perciò la morte succede alla vita non appena la respirazione resta intercettata.
Il corpo, per se stesso, è un principio di morte analogo a quella massa informe, fredda e tenebrosa della quale Dio formò il mondo. Esso rappresenta le tenebre. Lo spirito è affine e partecipa di quella materia animata dallo spirito dell’Essere che all’inizio era portato sulle acque e che per mezzo della luce che diffuse suscitò nella massa questo calore che dà movimento e vita a tutta la Natura: è questa virtù fecondante, principio della generazione, che fornisce a ogni individuo lo stimolo e il mezzo di moltiplicare la propria specie.
Infuso nella matrice insieme alla semenza che lo spirito anima vi agisce per formare e perfezionare la dimora e l’ambiente che esso deve abitare secondo la specie e la qualità dei materiali forniti, secondo la disposizione dei luoghi e la specificazione della materia. Se i materiali sono qualitativamente buoni, la costruzione ne risulterà più solida, il temperamento più florido e più vigoroso; ma se essi sono cattivi il corpo ne risulterà più debole e meno adatto a resistere alle persistenti aggressioni che dovrà sostenere durante la sua esistenza. Se la materia è suscettibile d’una organizzazione più evoluta, meglio coordinata e più perfetta, lo spirito l’adatterà in tale maniera che esso possa esercitarvi in seguito la sua azione con ogni libertà e possibile facilità. In tal caso, il fanciullo che ne verrà fuori, sarà più accorto, più vivace e lo spirito si manifesterà nelle azioni della vita in maniera brillante e decorosa. Ma se gli manca qualcosa, se la materia è di poco pregio e terrestre, se questo spirito risulta debole per se stesso o per la sua poca forza o per la limitata sua quantità, gli organi risulteranno difettosi o viziati: il fanciullo verrà mediocre e insignificante. L’anima che vi sarà infusa non è affatto meno perfetta ma il suo ministro non potendovi, in tali contingenze, esercitare le sue funzioni se non difficilmente a causa degli ostacoli che incontra a ogni passo, essa non apparirà nel pieno suo splendore e non potrà manifestarsi tale quale essa è. Una catapecchia o una casa borghese non annunzierebbe la dimora di un Re quantunque il Re vi soggiornasse. Invano un Re possiederà tutte le qualità richieste per regnare gloriosamente, invano il suo Ministro sarà avveduto e capace di agevolare il suo Sovrano: se la costituzione dello stato è cattiva, se essi non possono farsi obbedire, se non vi è alcun rimedio, lo Stato non avrà splendore, tutto andrà male, tutto deperirà, tenderà al disfacimento, senza che peraltro si possa negare l’esistenza del Sovrano o rigettare su di lui la mancanza di gloria e splendore. Anzi sarà resa al Re col suo Ministro la giustizia che è loro dovuta.
Da ciò si vede perché la ragione non si manifesta nei bambini che a una certa età e negli uni più che negli altri: perché a misura che gli organi si indeboliscono, anche la ragione pare indebolirsi: «il corpo che si corrompe opprime l’anima e la dimora terrena deprime il senso pensante». Agli organi occorre un certo tempo per fortificarsi e perfezionarsi: poi si logorano, cadono in decadenza e si disfanno.
Se i pretesi spiriti forti, cioè i Materialisti poco assuefatti a riflettere seriamente, in buona fede rientrano in se stessi e si attengono scrupolosamente a questa piccola particolarità dell’uomo, presto riconosceranno il loro traviamento e la instabilità dei loro principi. Riconosceranno che la loro ignoranza fa loro scambiare il Re per il Ministro e i Sudditi, cioè l’anima con lo spirito e il corpo.
Salomone annienta l’errore dei Materialisti del tempo suo e ci fa conoscere, per tal modo, che quelli ragionavano così stoltamente come quelli d’oggigiorno: «Essi hanno parlato da insensati, i quali pensano male e hanno detto: il corso della vita è breve e noioso; non abbiamo da sperare né beni né piaceri dopo la morte; nessuno è tornato dall’altro mondo per farci conoscere quanto dicesi vi avvenga, poiché siamo nati dal nulla e dopo la nostra morte saremo come se non fossimo esistiti; ciò che respiriamo è un fumo e una scintilla dà il movimento al nostro cuore: una volta che si sia spenta questa scintilla, il nostro spirito si dileguerà nell’aria e il corpo altro non diverrà che polvere e cenere… Venite dunque, amici miei, approfittiamo dei beni presenti; godiamo delle creature, divertiamoci mentre siamo giovani… Così costoro hanno pensato e sono caduti nell’errore poiché le loro passioni e la malizia del loro cuore li hanno accecati. Hanno ignorato le immutabili e incrollabili promesse di Dio, non hanno affatto sperato la ricompensa promessa alla giustizia e non hanno avuto sufficiente buonsenso e giudizio per riconoscere l’onore e la gloria che è riserbata alle anime sante e pie, poiché Dio ha creato l’uomo a sua immagine e l’ha fatto imperituro».
Questo capitolo precisa in conseguenza il senso delle seguenti parole dello stesso Autore: «La condizione dell’uomo è la stessa di quella delle bestie: l’uno e l’altro respirano, e la morte delle bestie è la stessa di quella dell’uomo».
Questo vapore igneo, questa particella di luce anima dunque il corpo dell’uomo e mette in funzione ogni vitalità. Invano si ricerca il luogo particolare della residenza dell’anima nella quale comanda da padrona. E’ la sede particolare di questo spirito che sarebbe opportuno cercare: ma si vorrebbe determinarlo inutilmente. Tutte le parti del corpo sono animate: esso è effuso ovunque.
La tenuità di questo vapore igneo è troppo spinta per poter essere percepita dai sensi se non attraverso i suoi effetti. Ministro dell’Essere e dell’anima negli uomini esso segue unicamente negli animali le impressioni e le leggi impostegli dal Creatore per animarli e dare ad essi quel movimento conforme alla loro specie; si adatta integralmente e si specifica nell’uomo e negli animali secondo i loro organi. Da ciò proviene quella conformità di azioni che si osserva sia negli uomini che nelle bestie. L’Essere Supremo se ne serve quale strumento per mezzo del quale gli animali vedono, assaporano, fiutano e odono per suo volere: lo ha costituito per guida delle loro azioni. Il Creatore lo determina in ciascuno di essi secondo le differenti specificazioni che si è compiaciuto dare ai loro organi. Ciò genera la differenza dei loro caratteri e i differenti modi d’agire ma nondimeno sempre uniformi rispetto a ciascuno in particolare seguendo sempre lo stesso procedimento per conseguire lo stesso scopo, sempre che non venga ostacolato.
Questo spirito che comunemente viene chiamato istinto, quando trattasi degli animali e nei quali è determinato e quasi completamente specificato non è tale nell’uomo, perché quello dell’uomo è il compendio e la quintessenza di tutti gli spiriti degli animali. Perciò l’uomo non ha una particolare caratteristica come la manifesta ciascun animale. Ogni cane è fedele; ogni agnello è mansueto; ogni leone è coraggioso, ardito; ogni gatto è traditore e sensuale; ma l’uomo è tutto insieme: fedele, indiscreto, impostore, goloso, sobrio, buono, violento, timido, coraggioso; poiché le circostanze o la ragione decidono sempre ciò che egli è in ogni istante della sua vita, mentre in nessun animale si riscontreranno mai queste variazioni che si trovano nell’uomo, poiché egli solo possiede il germe di tutto ciò. Ogni uomo vedrebbe questo principio istintivo, come negli animali, crescere con lui e passare dallo stato di potenza in atto: e sempre tutte le volte che l’occasione se ne presenti, le quante volte, però, questo spirito non fosse subordinato a un’altra sostanza superiore di gran lunga alla sua. L’anima, puramente spirituale, mantiene le redini: essa lo guida e lo conduce in tutte le azioni ponderate. Talvolta lo spirito non le concede il tempo di dare i suoi ordini e d’esercitare il suo imperio: agisce da se stesso, mette in atto le forze del corpo e in tal caso l’uomo compie atti puramente animali. Tali sono quelli che si chiamano movimenti primitivi e quelli che si compiono senza riflettere, come andare, venire, mangiare allorquando si ha la testa piena d’un qualche affare molto importante che l’assorbe completamente.
L’animale obbedisce sempre senza errore alla sua tendenza naturale poiché è portato unicamente alla conservazione del suo essere mortale e passeggero e che costituisce tutta la sua fortuna e felicità. Ma l’uomo non segue sempre tale tendenza, poiché se è portato a conservare ciò che in lui è mortale, sente anche un’altra tendenza che lo porta a operare per la felicità della sua parte immortale alla quale egli è convinto di ben concedere la preferenza.
L’Essere Universale, dunque, ha creato l’uomo a sua immagine e l’ha formato come compendio di tutte le suo Opere e è il più perfetto degli esseri corporali. Con ragione lo si chiama Microcosmo: è il centro ove tutto converge, egli racchiude, pertanto, la quintessenza di tutto l’Universo. Partecipa alle virtù e alle proprietà di tutti gli individui; possiede la fissità dei metalli e dei minerali, la vegetabilità delle piante, la facoltà sensitiva degli animali e in più un’anima intelligente e immortale. Il Creatore ha rinchiuso in lui, come nel vaso di Pandora, tutti i doni e le virtù delle cose superiori e inferiori. Egli compì la sua opera della Creazione con la formazione dell’uomo, dato che bisognava prima creare in grande tutto l’Universo per poterne far poi la sintesi. E, dato che l’Essere Supremo non avendo avuto origine nondimeno era origine di ogni cosa, volle mettere il sigillo alla sua opera con un individuo il quale, non potendo essere come Lui, almeno fosse senza fine.
Perciò l’uomo non disonori mai il Modello del quale è l’immagine. Deve pensare che non è stato fatto per vivere solamente secondo la sua animalità, bensì secondo la sua umanità propriamente detta. Che mangi e beva è cosa giusta: ma anche rivolga la sua mente al suo Io interiore, Particella dell’Essere Universale, moderi le sue passioni e lavori per conquistarsi la vita eterna.
Il corpo dell’uomo è soggetto all’alterazione e alla completa dissoluzione come gli altri misti. L’azione del calore produce questo cambiamento nel modo di essere di tutti gli individui sublunari, poiché la loro massa, essendo un composto di parti più grezze, meno pure, meno affini e più eterogenee tra loro rispetto a quelle degli Astri o dei Pianeti è maggiormente soggetto agli effetti della rarefazione.
Questa alterazione è, nel suo progresso, una vera corruzione che si compie consecutivamente e che per gradi prepara a una novella generazione o a un nuovo modo di essere perché l’armonia dell’Universo consiste in una diversa e graduale conformazione della materia che lo costituisce.
Questo cambiamento di forme si verifica solo nei corpi di questo sublunare mondo: Il motivo non risiede affatto, come molti hanno pensato, nella contrarietà o opposizione delle qualità della materia ma nella sua propria essenza tenebrosa e puramente passiva, la quale non avendo da se stessa di che darsi una forma permanente, è obbligata a ricevere quelle forme differenti e passeggere dal principio che la anima, sempre secondo la determinazione che è piaciuto all’Essere Supremo di dare ai generi e alle specie.
Per supplire a questo difetto originale della materia dalla quale il corpo stesso dell’uomo è stato formato, l’Essere Supremo mise Adamo nel Paradiso terrestre affinché potesse combattere e vincere questa transitorietà mediante l’uso del frutto dell’albero della vita; ne fu poi privato in punizione della sua disobbedienza e condannato a subire la sorte degli altri individui ai quali Dio non aveva elargito il favore di quella aurea medicina come viene definita dai Saggi.
La prima materia dalla quale tutto è stato fatto, quella che serve di base a tutti i misti, sembra essere stata talmente disciolta e immedesimata in essi dopo aver ricevuto la sua forma dalla luce, che non la si saprebbe separare senza distruggere i misti stessi. La Natura ci ha lasciato un campione di questa massa confusa e informe, in quest’acqua secca, che non bagna affatto, che sgorga dalle montagne o che esala da qualche lago impregnata della semenza delle cose e che evapora al minimo calore. Quest’acqua secca è quella che costituisce la base della Grande Opera, secondo tutti i Filosofi. Colui che saprebbe sposare questa materia del tutto volatile col suo maschio, estrarne gli elementi e separarli filosoficamente, potrebbe sentirsi soddisfatto, dice D’Espagnet, d’avere in suo possesso il più prezioso segreto della Natura e anche l’estratto dell’essenza dei cieli.

        A.G. Pernety

 

a cura dell'Accademia Kremmerziana Patavina