UNA LA LEGGE, UNA LA SINTESI, UNA LA SCIENZA

 

 

 

«L’Ermetismo è una sintesi radicale,
assoluta, precisa come la matematica
e profonda come le leggi stesse dell’esistenza.
È una dottrina netta, ferma, è una scienza,
circondante le altre dottrine
ed atta ad inglobarle tutte in se stessa».

(Stanislao de Guaita, Souvenir de son secrétaire,
Ed. du Symbolisme Paris 1935)

«Un giorno verrà e non è lontanissimo in cui sarà compreso cosa è la vita umana
ed allora, checché ne dicano i socialisti e gli umanisti dell’epoca contemporanea,
gli scopritori di questa grande verità che è il segreto del bene e del male,
capiranno che unica salvezza è erigersi a teocrazia scientifica.
Progredendo l’umanità, la sintesi delle Scienze conduce alla verità Assoluta,
alla teocrazia sapiente e gli ultimi scienziati saranno maghi e pontefici.»

(J. M. Kremm–Erz, III 562)

 

 

Una sintesi radicale non può essere ‘scritta’; meno ancora può essere ‘detta’: si scrive e si dice ciò che è ‘conosciuto’, cioè ciò che ha ‘valore’.
Il ‘valore’ è concetto squisitamente umano, diversamente sarebbe un ‘numero’, cioè un’Idea perfetta non espressa, ma ‘indicata’.
Si esprime solo ciò che si vuole involvere, e la volgarizzazione è un favore fatto alla costruzione di un concetto, che altro non è – per Noi – che una distruzione della sintesi verginale da cui è strappato.
Si ‘esprime’ qualcosa attraverso un nomen; esprimendo, si trascina l’Idea sottile nelle segrete lezzose del finito. Pena inflitta: la cristallizzazione o – in altro linguaggio – la vetrificazione.    
Il profano dà un ‘valore’ all’Idea chiamato ‘concetto’, solo ed esclusivamente per poterla ‘riferire’, discutere, analizzare, spiegare, raccontare, interpolare… e la involve.
Altri, invece, proiettati nel mentale senza spazio e tempo, ma in continuo e incessante moto, penetrano Sintesi e Idee complesse, precise, assolute, che come impronta sono… assorbite, cum-prese.  Manca la parola per esprimere quest’atto sublime… la traduzione in pensiero è già involuzione. Come ebbe a scrivere J.M. Kremm-Erz – il quale si scontrò vis-à-vis con l’impossibilità del linguaggio babelico di restituire concezioni sintetiche – “dinanzi ad un mio enunciato non guardate alla descrizione che si fa ma direttamente alla cosa indicata”; facendo così eco all’Herákleitos di Efeso che, sibillino, annota: « Il signore, il cui oracolo è a Delfi, non dice né nasconde, ma indica ».

Ecco l’indicazione di un metodo da tempo immemore sempre uguale a se stesso, com’è stato e sempre sarà: sottile penetrazione mercuriale della piccola sintesi o dell’Idea che calata in forma – attraverso i regni dell’aria e dell’acqua – si porge come un mezzo attraverso il quale giungere al suo foco o punto focale o Centro o Monade che dir si voglia. Èl’Ombra dell’Idea di bruniana memoria quella che giunge alla percezione meramente intellettuale degli uomini colti, è fuoco o penetrazione sottile mercuriale quella degli Iniziati (rectius: di chi si è reso abile a far ciò).
Foco, ombra, Centro, aria, acqua, sono residui di un linguaggio inadatto che a sentirli inglobati in un flusso ragionante fanno ridere i ‘colti’, quando non comprendono che su ogni termine siffatto si potrebbe aprire un monte di colleganze analogiche che giungerebbe – mi ripeto, per ognuno di tali termini – a sfiorare Sintesi tali che senza una sottigliezza mentale, fluida, fissa nella penetrazione senza ritrarsi, e leggera, non si potrebbero comprendere nella loro minima parte, non parlando della cum-prensione totale che richiederebbe ben altri traguardi, i quali, come ebbe a dire un noto ermetista contemporaneo con simpatico motteggio tutto partenopeo, sono “al di là da venire”. Allora è una necessità usarli, se non si vogliono richiamare in nota per ogni termine astruso, un’enciclopedia di 10 volumi che non è mai stata scritta e mai lo sarà.

Nasce da qui il perenne fraintendimento sull’uso del linguaggio e la penetrazione di Idee sottili e Sintesi; fraintendimento che si è andato via via sviluppando e accrescendo con l’avanzare della volgarizzazione della Scienza dell’Uomo: dall’Egitto dei Templi con il demotico, ieratico e Geroglifico, insieme alla Roma, Cuma e Paleopoli del linguaggio Demotico e Aporrezio, passando poi alla Scuola Alessandrina e alla filosofia della Magna Grecia, giungendo fino al “moderno”, il figlio distinto dell’oscurità medievale e degli errori della poetica ragionante illuminista, ma che tuttavia reca in sé il seme di una nuova rinascenza.
Dall’austerità meravigliosa dei geroglifici e dell’architettura, misura, direzione e funzione, nei e dei Templi Egizi edificati dai dettami della Scienza Sacerdotale, e le espressioni jeratico-grafiche caldee, all’aforismario “oracolare” di Eraclito l’oscuro che ne trattiene gli elementi teoretici e le forme sintetiche di espressione, passando dal pitagorismo e la cabala, giungendo infine alla filosofia parolaia e profana.
Un crescendo di “parole”, un eccesso di linguaggio, un uso del registro della codificazione ideale che ha cambiato “direzione”: oggi si volgarizza un’Idea portandola in basso, rinchiudendola in concetti frutto di collegamenti inferenziali più o meno raffinati e complessi per renderla disponibile all’osservazione e al riferimento, mentre i Sapienti praticavano l’opposto, ove dal basso della sfera finita, o percezione proveniente dai sensi e dal ‘provocato’ dell’ambiente di riferimento con conseguente impressione del lunare e sua alterazione, si procedeva per sublimazione, vera pratica concreta e reale, fino alla percezione dell’Intelligenza sottile e del Moto delle Idee Pure e lì comprendendole. Ecco come manca il vocabolo “necessario”… per riferire.

‘Comprensione’ che è oltre la traduzione in pensiero, assomigliando più a una tensione fluida, continua e sgusciante. Ebbe a dire un Adepto che financo l’espressione sintetico-grafica di un’Idea sublime è già una sua corruzione.
Ne consegue l’insicurezza tutta egoica e profana che si materializza nel percepire l’indisponibilità immediata delle Idee e Sintesi di Idee come qualsiasi altro concetto che può essere volgarmente ‘espresso’, in quanto contenuto, involuto, imprigionato, in un nucleo di senso al quale ci si può ‘riferire’ attraverso un nomen, inserendolo così nel flusso inferenziale analitico e ragionante, il quale è tipico di chi si illude di ‘pensare’ e dunque di ‘essere’.
La ragione di tale indisponibilità è propria di una natura alta e difficilmente raggiungibile che cercare ora di esplicare in parole sarebbe estremamente difficoltoso per sfociare comunque nell’inutilità.
Provate.
Una rigidità, financo un’oscillazione che interrompa tale fluidità e le note sintetiche di una melodia Ideale sbiadiscono… come il ricordo di un sogno lieto al fresco mattino di primavera. Siamo stati noi a ritrarci? L’altezza era inconcepibile? Non c’è dato per livello di Purificazione raggiunto l’avere un contatto consimile? L’una o tutte… o di tutte una.
L’Uno è il Tutto, e il Tutto è Uno; come in alto così in basso e come in basso così in alto, per fare insieme il miracolo di una cosa UNICA. Si penetri la Sintesi, si ricorra all’analogia, chiave suprema che non s’impara né s’insegna, ma si conquista.
Eppure, se tutto è Uno e una è la Mente Universa e  dunque  una è la mente particolare – il 5 pitagorico, la Shin ebraica che interpola il Tetragrammaton, l’Infinito nel finito o particella divina, il Principio Primo umanizzato – allora non è fuori da ogni intelligente teorica il dire che un ‘contatto’ sia possibile. Eppure… trascorrono i secoli, con loro i millenni, i costumi e gli usi del brulicante popolo terrestre, con loro passano i nomi, i concetti, le pazzie e le manie vomitanti proiezioni astrali larvali, eppure… in ogni luogo ed in ogni era, v’è sempre stato qualche uomo che abbia attinto a tali Idee sublimi.
Si crede che siano giunte a noi, i nuovi moderni, o contemporanei abitatori della post-modernità, per trasmissione d’insegnamento orale o scritto? Disingannatevi: le Idee sono; Intelligenze sublimi presiedono alla loro distribuzione e per essere meno sibillino, dirò come sicuramente ogni uomo ha letto, almeno una volta nella vita, i vari passi della ‘creazione primordiale’, il ‘Primo Atto Divino’. Lo avete letto uguale in essenza in ogni tradizione conosciuta. Ebbene, v’è Sempronio, in una landa desolata, ritirato come eremita, che vi legge x, mentre Caio, dall’altra parte del mondo, vi legge y; due secoli più tardi Juliano che, piantando semi nell’orticello per far crescere pomodori maturi, dopo un lampo improvviso si ferma e vi legge ugualmente y ma senza conoscere Caio; e Mevio invece… che non vi legge nulla se non il senso letterale e astruso.
È tramandabile la cum-prensione della Legge Unica? E come ha fatto Juliano a leggervi y dopo tre secoli da quando Caio si appropinquava al medesimo tentativo di comprensione delle equazioni della Scienza più sublime?
Qualcuno ha scritto che “l’enigma è una Legge”. Perché non diciamo cose astruse se affermiamo che Una è la Legge, infinite le applicazioni, Una la Sintesi delle Sintesi e Una la Scienza che mette in mano all’operatore gli strumenti per comprenderla. E ancora, Caio s’invola per reami mentali sconosciuti, sottile percezione mercuriale mobile, penetra una Sintesi di Idee sublimi, e ne traccia un glifo che letto in dianoia dà la chiave per invocare tale Sintesi… Sempronio lo traccerà nuovamente un secolo dopo, appena finito di piantare i semi nella terra all’uopo preparata, semi che ha raccolto dal frutto della precedente stagione, come facevano Juliano e Caio secoli prima di lui.
Il caso? Il caso non esiste: sacerdoti caldei ed egizi, i pitagorici, i platonici, alessandrini, gentili, Templari, Rosa Croce, Alchimisti di ogni tempo e luogo, chiamateli come volete, erano e sono Uomini. Furono uomini a penetrare tali sintesi, raggiungendo per conquista, potestà sintetiche e mobili tali da riuscire a rapire la verità ai cieli (coelum, celato, nascosto, occultato), in ogni luogo o tempo, in connessione o nella più completa ignoranza della vicendevole esistenza e dell’unitarietà del campo di ricerca e pratica… Essi furono, sono, e saranno, abbeverandosi alla fonte UNICA della Sapienza, che non ha nome, né volto, né luogo, come non ha spazio in cui essere in quanto è – per sé e in sé – Luce e Moto Perpetuo, senza tempo né estinzione possibile se non continua rigenerazione ciclica. 
È questo non-luogo, dalla tipografia incerta, che deve essere trovato, poi penetrato e infine compreso (cum-preso).

E fu un unico Ordine fisico a istruirli? E le differenze sui nomi, gli ‘strumenti’, meri accessori di un agire che abbisogna di un lievito speciale che va ben oltre a un sistema genialogico o angelico o come lo si vuol chiamare (vedete? ancora i ‘nomi’), o di testi, salmi, carmi e quant’altro, se dovete essere voi ad operare in voi e per voi: qualcuno disse che il mago finisce come comincia, ma siamo sicuri che questa “fine” si possa dire tale? (ancora la povertà del linguaggio). E perché s’inseguono Ordini e Templi, eretti gli uni contro gli altri, mentalità medievale e oscurantista della divisione e della conquista, perché ci si prodiga a intestarsene la proprietà, si edificano volgarizzando Idee sublimi, s’imprigionano in strutture volgari, caduche, con gradi e stendardi buoni per essere appesi a un ego ben sviluppato; altro che mentalità sintetica! Altro che Scienza Reale! Perché lo si fa, se UNA È LA LEGGE, UNA LA SINTESI, UNA LA SCIENZA?
Si usino i nomi più disparati, altisonanti, i più blasonati nella coscienza storica degli involuti e i volgari, gli unici che rimangono schiavi dell’illusione del tempo e della vanagloria di un blasone, di un’istituzione, che in quanto tale è profana e volgare, tratta in basso nel fango nel momento stesso in cui una ‘struttura’ non vitalizzata la cinge, consentendo che il volgare la ‘nomini’ e possa ‘riferirla’… profanandone l’Idea sublime che la informa (il Verbum o Logos è un’Idea). E l’Arca? e l’Ura sacra?

Ecco come dichiariamo l’inutilità dei concetti, delle divisioni, delle bizze dottrinarie, delle filiazioni, dei lasciti, dei nomi, delle particolarità dei rituali quando, loro lo sanno, si arriva a un punto in cui tutto è rito nel senso più pratico del termine, ove il gesto, la parola, la forma immaginata, non sono che precipitati sui piani lunare e saturniano (che a loro volta involvono colleganze analogiche tra tutti i piani) di un’attività mentale copulativa continua ove lo stesso pensiero è già forma involuta e proiezione che dal vertice del triangolo ideale si porta in basso nel regno degli effetti. Tutto sbiadisce dinanzi alla Scienza Reale o verità Assoluta (la si ‘chiami’ come si preferisce), Sintetica, Unica.
Eppure questa concezione può diventare vera solo provandola, e dunque diventa vera solo per gradi. Lo sviluppo graduale è una legge complessa: la nascita, nutrizione, crescita, decrescita, morte, rinascita sono specchio di cicli necessari allo sviluppo; legge vera in alto come in basso, nulla vi sfugge e la stessa attività sublimante la rispetta affermandola: la comprensione delle leggi scrive un rituale.
Essendo tale concezione comprensibile ‘solo per gradi’, siamo condannati ad assistere alla lotta di chi si arrabatta e trastulla con le ombre, ombre dell’Idea che non si percepisce, ma si percepirà poi: bizze dottrinarie, divisioni, filiazioni, nomi, concetti, riferendomi a ogni scuola, setta, dottrina, di ogni tempo e luogo, insistono su un piano che altro non è che l’Ombra di un’Idea altissima, vero calderone assimilabile analogicamente al Lunare umano dove l’ubriacatura astrale è possibile e pericolosa, dove le immagini si presentano e rifuggono, ammaliano e ingannano: nella sua parte più evoluta è la Eve dell’antico simbolismo, nella sua parte più bassa è Lilith.
Come la purificazione libera quella particella divina di dubbia collocazione, così il Tempo maturerà l’evoluzione collettiva dei maghi di ogni era e luogo verso un’Or+ Assoluto e non manifesto, ove ogni Centro – nella visione sintetica – non sarà che l’affermazione di una Funzione, ogni particolarità una faccia dell’unica Verità e una sua affermazione.  
Fuori da ogni Ombra, oltre l’Ombra, financo ogni reale posizione gerarchica – nella visione sintetica che arriva fino all'Or+ non manifesto e de-strutturato, a-morfo –  è il precipitato volgare di una Funzione sublime; l'Azione è esercizio stesso della Funzione su tutti i piani quando è d'accordo con l'Intelligenza sottile che la in-forma. Il precipitato volgare soffre la Necessità imperante sui piani più bassi, la Funzione sublime – quando è Azione – la regola e la dirige.

Ma, per Agire bisogna Volere.
Per Volere bisogna Osare.
Per Osare bisogna Sapere.
Per Sapere bisogna Tacere.

Così è sempre stato, in ogni luogo, landa desolata o fertile, in ogni Tempio e in ogni Ordine, perché il microcosmo-Uomo è Uno, il macrocosmo-Universo è ugualmente Uno, la Legge Unica – da cui come rivoli solari scaturiscono infinite leggi – in-forma il Tutto, il non-luogo o Logos del Moto, ove Una è la Sintesi, Una la Legge e Una la Scienza.

Hahahel