SULL'INDISCREZIONE

La missiva, che riproduciamo in fondo a questo scritto e al suo PS e che indegnamente annotiamo, è una copia di una misteriosa lettera prefatoria che pare abbia accompagnato il volume La trés Sainte Trinosophie. L'origine è fortunatamente dibattuta, oscillando tra posizioni che sostengono un ritrovamento di tale libretto tra le carte del Conte Cagliostro, mentre altri ne avvicinano la paternità al Conte di Saint-Germain. Dico fortunatamente, per la sostanziale inutilità di tale esercizio: non conta l'uomo, ma l'Idea. Altissima e Scientifica Idea protetta dal triplice SILENTIUM degli antichi Adepti.
Mi ci sono imbattuto mentre mi apprestavo ad approdare in Italia, passando dalla porta d'Oriente in terra di Puglia. Subito accolto da alcuni Fratelli, durante la conviviale discussione che seguì il mio arrivo, numerosi riferimenti me la riportarono alla mente.
Torno in questa Bella Italia e volgendo lo sguardo verso luoghi, vie e piazze che mi furono care, ho riassaporato quell'efflato sottile che pare tutto permeare. E purtroppo, tra i profumi di una sempre buona gastronomia e i sapori dell'ottimo vino, pochi giorni dopo il mio approdo, riconosco il lezzo di un vecchio vizio: ora si fa chiamare Eccellenza ed è ospite atteso e riverito in ogni assemblea. Noi lo chiamavamo Indiscrezione; e a quanto consta era conosciuto anche dall'Autore del breve testo che ci siamo permessi di intitolare genericamente “Lettera a Filocalo”.
Quel che vidi accadere nei giorni immediatamente seguenti, mi diede esattamente la misura dello status quo. Ma quasi non può una voce contemporanea volgersi ad analizzarlo: già vedo la catena causale che prepara l'Ultra di Roma di turno alla commedia del pubblico dibattito, delle 'opinioni' e dei 'punti di vista': discutete con un uomo e vedrete sorgere dalle argomentazioni e atteggiamenti dell'animo il suo ego, con l'inesauribile, stupida e inutile voglia di aver ragione; ora parlate a centinaia e centinaia di uomini indistintamente e contemporaneamente convenuti in luogo atto ad intercettare la discussione e vedrete come i vari 'Ultra' giungano in parata a contendersi la scena... ma lasciamo stare.
Era il 1897 che s'iniziò quella che pare oggi diventata una moda: quella delle riviste d'ermetismo in Italia. Iniziò con le più nobili e migliori intenzioni, con un progetto degno della più illuminata concezione che fu un'applicazione concreta e sintetica della Legge Unica in una 'forma' determinata, per iniziare alla pratica purificatrice ermetica i migliori tra i 'molti'.
Forse ci si era dimenticati del calendario, come qualcuno ha scritto... diciamo 'forse' in quanto non ci permettiamo una libertà di giudizio 'ingenua' e facilona - che appartiene notoriamente ai volgari e agli stolti - spacciandola per 'verità'. 'Forse' fu un passaggio obbligato, rispecchiante - come precipitato tangibile e visibile di moti non palesi alla moltitudine - una fase ciclica discendente: gli ultimi atomi d'aria calda di un espirare che in dirittura d'arrivo vive delle sue ultime rimasuglie d'aria, prima di riprendere il suo corso con una nuova inspirazione fredda. Forse, fu addirittura una necessità imposta, affluente di un fiume occulto che attraversa il tempo... superandolo.
Ma parlando ai tanti indistintamente e parlando in volgare, con tutti i limiti del linguaggio stesso misurato e pesato perlopiù da esseri gravati da un misticismo che cresce 'come la mala erba', in più in una necessaria applicazione magico-mistica per adattamento a esigenze operative ben specifiche in virtù del livello di evoluzione del gruppo sociale al quale ci si rivolgeva, ecco che vennero i primi 'orrori': ancora risuona nell'etere il duro giudizio di quell'Ottaviano del Commentarium: «in materia parteggio per l'assolutismo più completo» , «perciò il mago re e non il mago che diventa il servitore gratuito dei curiosi e degli oziosi», paventando quel «diritto di non dare» che accese il dibattito interno in quei tempi pur così luminosi per l'ermetismo italico.
Quel tentativo parlò indistintamente a molti, pochi lo rilessero, in numero minore praticarono, ma tanto bastò a lasciare - con la dipartita fisica di chi reggeva quel determinato Centro - un caos indistinto di rivendicazioni, profanazioni, distorsioni, leggende, santificazioni, lotte, bizze pubbliche e private: erano le Intelligenze che si ritiravano, e con il ritrarsi della Luce avanzavano le tenebre dell'ignoranza e molti caddero. Qualcuno disse che cadendo, pur quando si ritrovasse la via, non si può che ricominciare: ma si ricomincia dalla base del triangolo, ove è scritto a caratteri cubitali 'reame di saturno'; con tutte le fenomenologie collegate... Ah! l'Indiscrezione che parla indistintamente ai 'tanti' cercando i 'pochi', mentre questi ultimi sono già in cammino a prescindere dall'invito.
Invece leggo e vedo l'Indiscrezione elevata a regola: arcani, archivi e parole, soprattutto parole... vendute a un 'buon prezzo', e mi torna in mente il monito dell'Autore del testo che qui annotiamo: «l'Indiscrezione, figlio mio, questo bisogno imperioso di suscitare stupore e ammirazione, ecco il precipizio che temo per voi». Giacché è l'ego - frutto di una purificazione non completata, o male iniziata, o addirittura mal concepita, quando solo 'immaginata' - il nucleo da cui provengono tali 'esigenze' e mi sia permesso di anticipare con molto dispiacere come chi non veda questo, chiaro agli occhi della ragione (interiore), è perché c'è dentro fino al collo. Costui non si agiti e non disperda energie in discussioni inutili: dinanzi a differenti punti di osservazione non c'è sintesi ragionante che tenga, né punti di incontro possibili.
Diciamo questo giacché, pur quando un Adepto giunto alla conquista concreta e al controllo delle sue forze, si decidesse per una qualche ragione financo a prestare il proprio contributo taumaturgico in pro dei sofferenti, (per fare un esempio calzante di applicazione di volontà ermetica scevra da egoismo), v'è l'Indiscrezione a suggerirgli di farlo alla luce del sole (volgare), in pubblica piazza, suscitando lo stupore, l'ammirazione, la commozione e con essi l'odio, l'invidia, e ogni forma distorta passionale con tendenza in basso. Dinanzi al volgo simili eventi sono spiegabili secondo il livello proprio di evoluzione, e da quando abbiamo contezza della civiltà in questo ciclo evolutivo, il livello è quello mistico. Mentre la Scienza riparata all'ombra del Tempio suggerirebbe di far parlare una statua cava e usare un gioco di specchi, ottenendo così il medesimo risultato... meno lo stupore e l'ammirazione degli astanti rivolti all'iniziato (il quale rimane celato), che invece tributano all'immagine e al dio esterno, credendo che la statua parli e operi prodigi, e dinanzi a essa si genuflettono in adorazione.
Questa la differenza.
E giunge ancora il monito dell'Illustre Autore: «Figlio mio, non imitatemi... che un vano desiderio di brillare agli occhi del mondo non cagioni anche la vostra rovina...». Ma qui non si tratta di operare guarigioni inspiegabili per il volgo, ma più banalmente di parole, di rivendicazioni, di mercimonio vario e di alcune (pochissime) perle gettate ai porci... Sia chiaro, non ci si riferisce a indagini storico-filosofiche, riedizioni di 'classici', o financo allo studio ed esplicazione di esperienze concrete, o ricerche e studi strettamente attinenti all'evoluzione della filosofia ermetica pura, o applicata ai diversi 'campi del sapere' profano, anzi... se un Nuovo Umanesimo ci investisse... l'Indiscrezione, ha un suo proprio e inconfondibile lezzo.
Eppure, quando arriverà il momento - quel sacro momento - in cui la prova ardita farà vacillare le anime, in cui per circonvoluzioni indecifrabili dello Spirito giungerà chiara alla coscienza l'ombra strisciante che insozza quella Maria solo immaginata - che appena sotto il mantello bianco e puro è avvolta, strangolata, dalla spire del serpente che dovrebbe schiacciare - e si sentirà chiaro il bisbiglio sommesso che ispirò l'autore delle Nozze Chimiche:

«Vigila, Osserva te stesso,
D’esser puro sii certo,
O dalle nozze avrai male.
Quivi l’impuro è in perielio,
Chi è troppo leggero si guardi!»

La prova è capitale, eminentemente reale, senza appello... dall'altra parte della bilancia una 'piuma'. Ha detto qualcuno, «per non temere, bisogna sentirsi giusti»; giusti come ammantati di quella giustizia divina che non ammette ombre, menzogne; perché la prova - mi ripeto - è reale, e tutti Noi l'abbiamo avvertita tale già al solo enunciato sintetico: presentarsi con la coscienza anche di una sola parvenza d'ombra, seppur dissimulata, sottovalutata, celata, financo mentendo ripetutamente a sé stessi, relegandola negli anfratti più riposti dell'interiorità, non vale a superare il giudizio, e il genio del porco... è un maiale; altra realtà concreta quest'ultima - molto concreta - tangibile e terribile, che spesso non si percepisce come tale... prima.
Noi diciamo che per sentirsi 'giusti', bisogna essere 'sinceri': la sincerità è atteggiamento e condizione dell'animo; semplice, pulito, inamidato e profumato stato d'essere dell'anima purificata, di quella purificazione Sacerdotale che attraverso i quattro elementi, conduce all'Empireo... o da qualche altra parte. La sincerità non ammette ombra, l'una rifugge l'altra eppur entrambe, servendo al medesimo disegno, si compenetrano in un equilibrio speciale che permette la manifestazione in atto, giacché l'una non esiste che per l'altra: il suo contrario. L'una Luce, l'altra Oscurità. E la percepirete, la sentirete pulsare, non foss'altro per la nettezza dell'esperienza che non lascia paura e rigidità che vanificherebbe il tutto, ma una tensione fluida e continua con una rassegnata presa d'atto della vostra indegnità a presentarvi, per poi scoprire che nessuno è degno, non esistendo dignità tale delle anime in cammino di purificazione per sublimazione dinanzi alla Luce dei Mondi. È allora che non tremerete, osando.
Sono persuaso, sempre più persuaso, di come non in pochi - posti sulla Via - si accingano al cammino ascendente, e di come ce ne saranno altri in futuro, allo stesso modo di come ce ne sono stati in passato. Se volgo me stesso a scandagliare - lungo la fantomatica linea inesistente del tempo - i tentativi, le testimonianze, le tensioni sincere, le prove singole e collettive degli Eletti, sento di dover loro l'affettuoso titolo di Fratelli, e osando, di sentirmi loro Fratello sulla Via, l'ultimo tra gli ultimi... e di potermi concedere - evocandolo dal Lunare - un momento di vera commozione fraterna. Ma non così per i dilaniatori di un Serto di cui mai si fregeranno, i millantatori, i pusillanimi, gli egoici, i mentitori, gli approfittatori... gli indiscreti. Se qualcuno scriveva di dividere l'umanità in sapienti e volgari, noi ci permettiamo la presa di posizione tutta personale, condivisibile o meno, di dividere gli stessi 'sapienti' in Eletti e indegni: i primi Fratelli, i secondi 'non pervenuti'. Non tutti i frutti servono a eternare la vitalità pura della pianta da cui provengono, ma alcuni servendo alla rigenerazione continua fino alla giusta stagione portano ai primi; altri sono ancora acerbi, perverranno...; altri ancora sono un aborto così come sono: cioè bruciati dal Sole... Ah! l'Indiscrezione Filocalo!

Hahahel

 

P.S.  Ricordo di aver ascoltato una storia assai curiosa in una vecchia osteria che tramandava e continuava una tradizione enogastronomica molto antica.
Tale storiella la vidi poi pubblicata su La colonna infame del 19 luglio 1896, scritta da un uomo con dei grossi baffi che si firmava 'Comm. G.L.', con un marcato accento napoletano e una certa nobiltà che traspariva lampante, come se un'aura aurea perennemente lo circondasse: egli narrava come un certo Cristofaro, scoperto sul monte Salurn un sotterraneo in cui erano custodite delle brocche di un vino pregiato e nobilissimo, ne bevve a volontà, e in preda all'eccitazione conseguente alla scoperta ne mise a parte la moglie non ricordando che «la prima regola per far si che non si divulghi qualche cosa che deve rimaner segreta, è di non metterne a parte la donna, sia pure la propria».
Poco male che il nostro Cristofaro, brindando col pregiato nettare insieme alla moglie, andò da casa alle suddette rovine per un intero anno a riempire le brocche col prelibato liquore. Ma «siamo così fatti noi che non crediamo poter essere felici quando noi solo lo sappiamo; gli altrui sguardi di ammirazione e d'invidia sembrano necessari anzi indispensabili a integrare la propria gioia; un godimento non ha talvolta prezzo per noi se il nostro prossimo non ne è a conoscenza», e il Cristofaro, dimenticando come il vegliardo suggerisse che «è solo veramente accorto, e merita il suo bene colui che sa in se stesso ben chiudere il segreto, evitando perfino che il menomo sentore ne traspirasse», invitò i suoi vicini a gustare il nobil liquore. E cosa fanno i volgari dinanzi al misterioso liquore? lo ritengono rubato e vanno a denunciare il Cristofaro.
Questi non ebbe di meglio da fare che parlare del ritrovamento del nettare dalla provenienza misteriosa e i Consiglieri del Comune lo vollero assolutamente assaggiare, promettendo in cambio la sua libertà condizionata al ritrovamento di altre brocche di tal vino prelibato.
Cristofaro accetta, ma «giunto alle rovine ebbe un bel orientarsi in tutti i sensi: cerca di qua, cerca di là, scalinata e sotterraneo si erano dileguati. Ciò che ebbe in premio delle sue accurate ricerche si fu una prodigiosa quantità di schiaffi applicati senza risparmio da una mano invisibile». Né basta - continuò a raccontare l'uomo - che dinanzi al nostro gli si pararono 'tre vegliardi'. Questi «seduti avanti alla medesima tavola, rischiarata da una lampada, e tutti e tre in silenzio parevano intenti a regolare un conto d'importanza».
In definitiva e concludendo, di cosa ne sia stato del Cristofaro la fine della storiella è rivelatrice: «questi morì dieci giorni appresso; era il suo conto che i vegliardi regolavano sulla lavagna; pagava colla sua vita l'eccellente vino che aveva bevuto, principalmente però quello che aveva fatto bere».
Finito il racconto il buon uomo si alzò lentamente e parve parlare a tutti, ammonendo i presenti ad alta voce: «A buon intenditore poche parole, e quelli che amano il buon vino si ricordino all'occasione della vecchia cantina di Salurn», ma - destino dei cantastorie di vicende probabili che non fanno ridere gli sciocchi - non lo stava ascoltando più nessuno.

LETTERA A FILOCALO
(tratto dal volume La trés Sainte Trinosophie)

Il vostro amico relegato fra i criminali nelle segrete dell'Inquisizione, ha scritto queste righe allo scopo di istruirvi. Il pensiero dei benefìci inestimabili che questo dono certamente vi procurerà, addolcisce gli orrori di una prigionia così lunga e ingiusta... Gioisco nel considerare che uno schiavo, incatenato e circondato da guardie, sia ancora in grado di elevare l'amico al di sopra dei potenti e dei monarchi che governano questo luogo di esilio.
Mio caro Filocalo, voi vi accingete a penetrare nel santuario delle scienze sublimi; la mia mano si appresta a sollevare per voi il velo impenetrabile che sottrae agli occhi del volgo il tabernacolo, il santuario ove l'eterno ripose i segreti della natura, serbandoli a pochi esseri privilegiati, agli Eletti che la sua onnipotenza creò affinché VEDESSERO, si librassero al suo seguito nell'immensità della Gloria e irradiassero sugli uomini uno dei raggi rifulgenti intorno al suo trono d'oro.
Possa l'esempio del vostro amico esservi di salutare lezione, e io benedirò i lunghi anni di prove inflittimi dai malvagi.
Due ostacoli, ugualmente pericolosi, appariranno in continuazione sul vostro cammino; l'uno potrebbe condurvi a violare i diritti sacri di ogni individuo: ed è l'Abuso del potere concessovi da Dio; l'altro, che provocherebbe la vostra rovina, è l'indiscrezione... Figli entrambi di una stessa madre, l'Orgoglio, essi si nutrono della debolezza umana. Questi mostri sono ciechi, ma guidati dalla loro madre, riescono ad alitare il loro soffio impuro fin nel cuore degli ELETTI dell'altissimo. Sciagura a colui che abuserà dei doni del cielo per servire le proprie passioni. La stessa mano onnipotente, che lo ha reso signore degli Elementi, potrebbe spezzarlo come un fuscello; un'eternità di tormenti basterebbe appena a fargli espiare il suo crimine. Gli spiriti infernali sogghignerebbero con scherno alle lacrime di chi, un tempo, con la sua voce minacciosa, li aveva fatti tante volte tremare nel profondo dei loro abissi di fuoco.
Non è per voi, Filocalo, che dipingo questo quadro spaventoso; l'amico dell'umanità non diverrà giammai il suo persecutore... , ma l' Indiscrezione, figlio mio, questo bisogno imperioso di suscitare stupore e ammirazione, ecco il precipizio che temo per voi.
DIO affida agli uomini il compito di punire il ministro imprudente che permette all'occhio profano di penetrare nel santuario misterioso. O Filocalo, che le mie disgrazie siano sempre presenti al vostro spirito! Anch'io ho conosciuto la felicità. Colmato di favori dal cielo, dotato di una potenza inconcepibile per l'intelletto umano, signore dei geni che governano il mondo, pago della gioia che suscitavo, assaporavo nel seno di una famiglia adorata la felicità che l'Eterno accorda ai suoi figli diletti. Ma ho parlato e tutto è svanito in un istante come nebbia. Figlio mio, non imitatemi... che un vano desiderio di brillare agli occhi del mondo non cagioni anche la vostra rovina...
Pensate a questo vostro amico che vi sta scrivendo dal chiuso di una cella, il corpo martoriato dalle torture.
Non dimenticate, Filocalo, che la mano che traccia questi caratteri reca l'impronta delle catene che l'opprimono...
Dio mi ha punito; ma che cosa ho fatto agli uomini crudeli che mi perseguitano? Quale diritto hanno di interrogare il ministro dell'Eterno? Mi chiedano le prove della mia missione: i prodigi sono i miei testimoni; la mia virtù, una vita integra, un cuore puro sono i miei difensori. Ma che dico, ho ancora il diritto di compiangermi? Ho parlato.
L'Altissimo mi ha abbandonato, debole e impotente, in balia dei furori del più gretto fanatismo. Il braccio che un tempo poteva sbaragliare un'armata, oggi può a stento sollevare le catene che lo gravano.
Mi smarrisco, devo piuttosto rendere grazie all'eterna Giustizia, il Dio vendicatore ha perdonato il suo figliolo pentito. Uno spirito Aereo ha oltrepassato le mura che mi separano dal mondo risplendente di luce; mi è apparso e ha fissato il termine della mia prigionia. Fra due anni le mie pene saranno finite; i carnefici entrando nella mia cella, la troveranno deserta e io, in breve tempo, attraverso la purificazione dei quattro elementi, simile al genio del fuoco, riprenderò il rango glorioso cui la bontà Divina mi ha elevato. Ma quel momento è ancora lontano e due anni sembrano ben lunghi a chi li trascorre fra sofferenze e umiliazioni.
I miei persecutori, non paghi di farmi patire i supplizi più orribili, hanno escogitato per tormentarmi mezzi ancora più efficaci e odiosi: hanno invocato l'infamia sulla mia testa; hanno fatto del mio nome un motivo di obbrobrio. I fanciulli indietreggiano con terrore quando il caso li fa avvicinare ai muri della mia prigione: temono che un'aura mortifera esali dal pertugio che a stento lascia filtrare un raggio di luce nella mia cella. O Filocalo! È il colpo più crudele che potessero infliggermi...
Ignoro ancora se mi sarà possibile farvi pervenire quest'opera... Pensando alle difficoltà che ho dovuto superare per condurla a termine, posso ben immaginare gli ostacoli che incontrerò per farla uscire dal luogo dei miei tormenti.
Privo di qualsiasi aiuto, ho preparato io stesso gli ingredienti necessari. Il fuoco della lampada, qualche frammento di moneta e alcune sostanze chimiche sfuggite agli sguardi scrutatori dei miei aguzzini, mi hanno permesso di ricavare i colori che ornano il frutto dei rari momenti di pace di un prigioniero.
Traete profitto dagli insegnamenti del vostro disgraziato amico, sono talmente chiari che ci sarebbe molto da temere se questo scritto cadesse in mani diverse dalle vostre. Ricordatevi solamente di non trascurare nulla: una riga fraintesa, una lettera dimenticata, vi impedirebbero di sollevare il velo che la mano del Creatore ha posto sulla Sfinge.
ADDIO, Filocalo; non compiangetemi: la clemenza dell'Eterno è pari alla sua giustizia. Alla prima assemblea misteriosa rivedrete il vostro amico. Vi saluto in Dio.
Presto darò il bacio della pace al mio fratello.