Spaccio della bestia trionfante
“Allora si dà spaccio a la bestia trionfante, 
      cioè agli vizi che predominano 
      e soglion conculcare la parte divina dell’anima.”
      Giordano Bruno
“Io che son la notte, aspetto il giorno!”
      Giordano Bruno
Fulcanelli in Le  Dimore Filosofali – II Vol. – Ed. Mediterranee – p. 12, parlando dell’atteggiamento  con cui si deve affrontare la Grande Opera  Alchimica, scrive: “La volontaria reclusione e la rinuncia al mondo sono  indispensabili da osservare se si vogliono ottenere insieme con le conoscenze  pratiche, le nozioni di questa scienza simbolica, ancor più segreta, che le  ricopre e le nasconde ai profani.”
Cerchiamo di capire cosa sia questo “mondo” da abbandonare, e cosa significhi “abbandonare il mondo” e quale sia la finalità, non certo morale,  di questo “volontario esilio”.
Scrive Kremmerz in La Scienza dei Magi – I Vol. – Ed. mediterranee –  p. 338: “ Il MONDO corrisponde  all’insieme della sensibilità umana che sta in contatto con la società esterna  o profana. Dice Tommaso da Kempis: Ista  est summa per contemptum mundi tendere ad regna coelestia.
Cioè disprezza il Mondo e arrivi al Cielo.
Che cos’è questo Mondo che si deve disprezzare? I sensi: vanità delle vanità, vanitas vanitatum dice il monaco officiante. Il mondo è la materia, le sensazioni della materia, illusione dell’effluvio della materia, la società umana irredenta  spiritualmente, l’orgoglio, l’ambizione, il seguire i desideri della carne.  Questo mondo del sacerdozio egizio il  medioevo lo chiamava mondo sublunare,  cioè variabile o mutabile sì come la luna: non vi può essere immacolata concezione senza mettersi il mondo sublunare o la luna sotto i piedi. Dunque il mondo è in  noi: è la parte di noi stessi che più senta degli effluvi terrestri, è la parte  più terrestre, più socialmente bruta dell’homo sapiente.”
Non dobbiamo leggere  queste righe con un senso moraleggiante, mistico, religioso, ma dobbiamo cercare di capire come in esse venga esposto quello che giornalmente viviamo, sollecitati  da ogni parte da sensazioni, stimoli, condizionamenti, che muovono il nostro  sentire e conseguentemente il nostro pensare. La nostra mente è continuamente  attraversata, rimanendone incisa, da immagini variabili, opinioni, rumore del  mondo, accresciuto in questi tempi dalla estrema diffusione dei mass media, che  diffondono un’informazione superficiale, variabile e soprattutto profondamente  condizionante il nostro pensare ed il nostro sentire. Il lunare, la parte più  sensibile del nostro sistema nervoso, è sovraccarica di immagini provenienti  dal MONDO e non lascia passare nessun raggio di ‘qualcosa’ che possa non  derivare da questo MONDO stesso: una Immacolata Concezione.
Il Mondo è ciò che Giordano Bruno definisce “La Bestia Trionfante”, cioè “gli  vizi che predominano e soglion conculcare la parte divina dell’anima.”
Bisogna fare in modo che la Bestia sia spacciata – lo  spaccio della Bestia. 
Giordano Bruno nell’opera “Lo spaccio della bestia  trionfante” immagina che gli dei si trovino in concilio e, vista la situazione del  creato e dell’uomo, decidano di sostituire le “immagini del Mondo” con le  immagini divine degli astri: deve essere fatta una riforma nei cieli. Gli  astri, di cui si parla in questo testo, sono le Potenze dell’anima. La riforma  cui danno luogo gli dei è un mutamento celeste, per cui “la religione magica  riprende il suo posto nei cieli e con essa rivivono le virtù della società  egiziana.” Ma questa conversione celeste corrisponde a quella umana e  terrestre. Bruno infatti spiega nella Dedica:  “gli dèi rappresentano le virtudi e potenze de l’anima e poiché in ciascun  individuo si contempla un mondo, un universo”, la riforma del cielo è una  riforma del pensare/sentire umani.
Da  Giordano Bruno Opere Italiane 2 – Spaccio de la bestia  trionfante – Ed. UTET – p. 180 e segg. [adattamento FDA]: “Abbiamo dunque un Giove non troppo legittimo e buon  vicario, o luogotenente del primo principio o causa universale; ma soggetto al  fato della mutazione. […] Egli fa dunque una proposta agli dèi, e cioè esercita  l’atto del raziocinio, e si mette in consultazione circa quel ch’è da fare; e  qua convoca i voti, arma le potenze, adatta gl’intenti. […] Allora si dà  spaccio alla bestia trionfante, cioè ai vizi che predominano  e sogliono conculcare la parte divina; si  ripurga l’animo da errori, e viene a farsi ornato di virtù: e per amor della  bellezza che si vede nella bontà e giustizia naturale. […] [Giove dice agli  dèi]: Oimè dèi, che facciamo? che pensiamo? che indugiamo? Abbiamo prevaricato,  siamo stati perseveranti negli errori, e vediamo la pena congiunta e continuata  con l’errore. Provvediamo dunque: perché come il fato ci ha negato di non poter  cadere, così ci ha concesso di poter risorgere; come siamo stati pronti a  cadere, così siamo anche preparati a rimetterci in piedi. […] Per la catena  degli errori siamo avvinti, per la mano della giustizia ce ne disciogliamo. […]  Convertiamoci alla giustizia, dalla quale essendoci allontanati, siamo  allontanati da noi stessi così che non siamo più dèi, non siamo più noi.  Ritorniamo dunque a quella, se vogliamo ritornare a noi. L’ordine e la maniera  di far questa riparazione è che prima togliamo dalle nostre spalle la greve  soma di errori che ci trattiene; rimoviamo dai nostri occhi il velo della poca  considerazione, che ci impaccia; sgombriamo dal cuore l’affezione che ci  ritarda; gettiamo via da noi tutti quei vani pensieri che ne aggravano;  adattiamoci a demolire le macchine di errori e gli edifici di perversità che  impediscono la strada ed occupano il cammino; cassiamo ed annulliamo per quanto  sia possibile i trionfi ed i trofei dei nostri facinorosi gesti, al fine che  appaia nel tribunale della giustizia verace pentimento degli errori commessi.  Su su, o Dèi, si tolgano dal cielo  queste larve, statue, figure, immagini, ritratti, processi e storie delle  nostre avarizie, libidini, furti, sdegni, dispetti ed onte: che passi, che  passi questa notte atra e fosca dei nostri errori, perché la vaga aurora del  nuovo giorno della giustizia ci invita; e disponiamoci in modo tale al sole che  sta per uscire, che non ci scopra così come siamo immondi. Bisogna mondare e  rendere belli non solamente noi: ma anche le nostre stanze ed i nostri tetti  bisogna siano puliti e netti; dobbiamo interiormente ed esteriormente  ripurgarci. Disponiamoci (dico) prima nel cielo che intellettualmente è dentro  di noi, e poi in questo sensibile che si presenta agli occhi. […] Se così (o  Dèi) purgheremo la nostra abitazione, se così renderemo nuovo il nostro cielo,  nuove saranno le costellazioni e gli influssi, nuove le impressioni, nuove le  fortune; perché da questo mondo superiore dipende il tutto. [… ] Se vogliamo  mutar stato, cambiamo costumi. Se vogliamo che quello sia buono e migliore,  questi non siano simili o peggiori. Purghiamo l’interiore affetto: atteso che  dalla informazione di questo mondo interno, non sarà difficile di far progresso  alla riformazione di questo sensibile ed esterno.”
Questo brano descrive e richiama alla mente la stessa  operazione che viene descritta nel Corpus  Hermeticum – XIII – “Di Ermete Trismegisto al Figlio Tat ‘Discorso segreto’  sulla montagna, relativo alla rigenerazione e sulla regola del silenzio “– [Corpus Hermeticum – Ed. Bompiani – p.  379 e seguenti]:
“ ‘Come potrai percepire per mezzo dei sensi ciò che non è  rigido, ciò che non è liquido, ciò che non può essere racchiuso, attraverso il  quale non si può passare, ciò che può essere compreso soltanto grazie alla sua  potenza ed energia, che richiede uno capace di concepire la nascita di Dio?’
‘Quindi mi sarebbe impossibile, padre?’
‘Non sia mai, figlio mio: tiralo a te, e verrà; se lo  vorrai, avverrà anche; assopisci le percezioni del corpo, e si avrà allora la  nascita della divinità; purificati dalle punizioni irrazionali della  materia.’”.
Ed Ermete Trismegisto insegna al figlio ad eliminare le  immagini della Bestia: l’ignoranza, l’afflizione, l’incontinenza, la  concupiscenza, l’ingiustizia, lo spirito di sopraffazione, l’inganno,  l’invidia, la frode, la collera, l’avventatezza, la malvagità.
  Ma questo non deve  essere inteso come un programma di miglioramento morale, ma come un profondo  lavoro di purificazione e liberazione del pensare, sentire, volere da tutti i  condizionamenti e sudditanze con cui il Mondo incrosta lo specchio del lunare.
A queste immagini della Bestia vanno sostituite le Virtù:  Forze Creative.
Per giungere a queste immagini  delle Virtù/Idee creatrici che devono essere impresse nel lunare umano (la  parte impressionabile ed allo stesso tempo creativa del sistema nervoso), al  posto di quelle provenienti dalla Bestia, bisogna aver purificato il lunare  stesso, ed aver risvegliato almeno in parte l’Intelligenza Ermetica, che  consente di percepire le Idee Vive ed il loro Linguaggio Simbolico.
A tale proposito si riporta il seguente brano tratto da Processo e morte di Giordano Bruno Luciano Parinetto – Ed. Mimesis – p. 130 - 131: “ Il richiamo all’ermetico Pimandro legittima l’idea dell’uomo come specchio vivente, ‘microcosmo  ermetico che riflettendo nella propria mente la totalità dei poteri  dell’universo diviene un essere miracoloso, cioè un mago’ [F. Papi – Antropolgia e civiltà]. […] La scienza  sacra egizia per questo motivo, tra l’altro, era inarrivabile: perché usava,  non come noi, la scrittura, ma il geroglifico, cioè l’immagine non mediata nella trascrizione fonetica. L’invenzione  delle lettere alfabetiche, dice Bruno, operò ‘un enorme danno per la memoria,  per la scienza divina e per la magia’ [Jordani Bruni, Opera latina conscripta]. Infatti s’è persa la lingua specifica della comunicazione col divino […]. Questa incapacità a cogliere il divino dipende dal fatto che esso ormai parla per noi una lingua ignota, che da lui ci  separa come ‘le aquile dagli uomini’.
L’utopia, la speranza di Bruno è che “però ora che siamo  stati nella feccia delle scienze, che hanno parturito la feccia delle opinioni,  le quali son causa della feccia de li costumi ed opre, possiamo certo aspettare  de ritornare a meglior stati.” [Giordano Bruni – Dialoghi italiani].
Solo abbandonando il MONDO, cioè con un lavoro di purificazione  del proprio pensare, sentire e volere, è possibile giungere a quel Mondo delle  Idee, delle Cause e percepire - oltre il pensare ed il sentire - in uno stato  di intuizione pura le Forze  Creative, prima che esse vengano cristallizzate nel sentire e pensare ‘sublunare’.
Se poi si riesce, ad un livello di maggior purificazione, a percepire la Luce Creatrice, prima di ogni forma, ad intuire il Principio Vitale stesso, prima che diventi una vita specifica, è possibile comprendere la finalità della Grande Opera Alchimica, mirabilmente riassunta da Dante nei seguenti versi, tratti da La Divina Commedia – Paradiso –  Canto XIII – 52 – 84. Si leggano questi “versi strani” con pazienza, con  attenzione, con intelligenza vigile e penetrante e si scoprirà il segreto  alchimico, appena lievemente velato:
“Ciò che non more, e ciò che può  morire,
    non è se non splendor di quella  idea
    che partorisce, amando, il nostro  Sire;
    chè quella viva luce che sì mea
    dal suo lucente, che non si  disuna
    da lui, né dall’amor che a lor  s’intrea,
    per sua bontate il suo raggiare  aduna,
    quasi specchiato, in nove  sussistenze,
    etternalmente rimanendosi una.
    Quindi discende all’ultime  potenze
    Giù d’atto in atto, tanto  divenendo, 
    che più non fa che brevi  contingenze;
    e queste contingenze essere  intendo
    le cose generate, che produce
    con seme e sanza seme il ciel  movendo.
    La cera di costoro, e chi la  duce,
    non sta d’un modo; e però sotto  ‘l segno
    ideale poi più e men traluce;
    ond’elli avvien ch’un medesimo  legno,
    secondo specie, meglio e peggio  frutta;
    e voi nascete con diverso  ingegno.
    Se fosse a punto la cera dedutta,
    e fosse il ciel in sua virtù  suprema,
    la luce del suggel parrebbe  tutta;
    ma la natura la dà sempre scema,
    similmente operando all’artista,
    c’ha l’abito dell’arte e man che  trema.
    Però, se ‘l caldo amor la chiara  vista
    Della prima virtù dispone e  segna,
    tutta la perfezion quivi  s’acquista.
    Così fu fatta già la terra degna
    Di tutta l’animal perfezione;
    così fu fatta la Vergine pregna.”
Quindi solo “abbandonando il Mondo”, uccidendo la Bestia Trionfante, nel nostro lunare possono giungere ‘immagini pure’ provenienti dal Mondo delle Idee, immagini creative, che possono plasmare in modo “divino” il nostro essere, consentendo ad esso successivamente – passo dopo passo - di percepire quella pura Luce, che può manifestarsi nella sua essenzialità come ultimo risultato della Grande Opera Alchimica, “chiave della materializzazione dello spirito e della luce.” [Fulcanelli – Le Dimore  Filosofali – II Vol. – Ed. Mediterranee – p. 21].
    A  conclusione citiamo  sempre Fulcanelli – Le Dimore Filosofali – I Vol. p. 152 e 161: “ Ora, ciò che noi chiediamo, insieme con tutti i  filosofi, non è l’unione d’un corpo con uno spirito metallico, ma, al  contrario, la condensazione, l’agglomerazione di questo spirito in un involucro  coerente, tenace e refrattario, capace di avvolgerlo, di impregnarne tutte le  parti e di assicurargli così un’efficace protezione. Noi chiamiamo nostra  pietra quell’anima, spirito o fuoco condensato, concentrato e coagulato nella  più pura, la più resistente e la più perfetta delle materie terrestri. […]
  Catturate un raggio  di sole, condensatelo sotto una forma sostanziale, nutrite di fuoco elementare  questo fuoco spirituale corporificato, e possederete il più gran tesoro del  mondo.”
FDA